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Da FVS online
At 8, 28-38
7. Avendo frequentato per qualche tempo la Curia, vi ho trovato parecchie cose contrarie al mio spirito. Tutti erano così occupati nelle cose temporali e mondane, in questioni di re e di regni, in liti e processi, che appena permettevano che si parlasse di qualche argomento di ordine spirituale.
8. Ho trovato però, in quelle regioni, una cosa che mi è stata di grande consolazione: delle persone, d’ambo i sessi, ricchi e laici, che, spogliandosi di ogni proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamavano frati minori, e sorelle minori e sono tenuti in grande considerazione dal Papa e dai cardinali.
Questi non si impicciano per nulla delle cose temporali, ma invece, con fervoroso desiderio e con veemente impegno, si affaticano ogni giorno per strappare dalle vanità mondane le anime che stanno per naufragare e attirarle nelle loro file. E, per grazia divina, hanno già prodotto grande frutto e molti ne hanno guadagnati, così che chi li ascolta invita gli altri: vieni, e vedrai coi tuoi occhi.
9. Costoro vivono secondo la forma della Chiesa primitiva, della quale è scritto: “la moltitudine dei credenti era un cuore solo e un’anima sola.
Durante il giorno entrano nelle città e nei paesi, adoprandosi attivamente per guadagnare altri al Signore; la notte ritornano negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere alla contemplazione.
10. Le donne invece dimorano insieme in alcuni ospizi non lontani dalle città, e non accettano alcuna donazione, ma vivono col lavoro delle proprie mani. Non piccolo è il loro rammarico e turbamento, vedendosi onorate più che non vorrebbero da chierici e laici.
11. Gli uomini di questa “religione” convengono una volta l’anno nel luogo stabilito, per rallegrarsi nel Signore e mangiare insieme, ricavando da questi incontri notevoli benefici. Qui, avvalendosi del consiglio di persone esperte, formulano e promulgano delle leggi sante, che sottopongono al Papa per l’approvazione(6).
Disse allora lo Spirito a Filippo: "Va' avanti e accòstati a quel carro". Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse:
"Capisci quello che stai leggendo?". Egli rispose: "E come potrei capire, se nessuno mi guida?". E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca.Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.
Rivolgendosi a Filippo, l'eunuco disse: "Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?". Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c'era dell'acqua e l'eunuco disse: "Ecco, qui c'è dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?". Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò.
9. Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Gv 15,9-11
Due anni prima della sua morte, mentre Francesco si trovava presso San Damiano in una celletta fatta di stuoie, era talmente tormentato dal male d’occhi, che per oltre cinquanta giorni non poté vedere la luce del giorno e neppure quella del fuoco. E avvenne, per consenso divino, che, ad accrescere la sua sofferenza e il suo merito, venissero dei topi così numerosi in quella cella, notte e giorno scorrazzandogli sopra e d’intorno, da non lasciarlo pregare né riposare. Quando mangiava, salivano addirittura sulla sua mensa e lo molestavano sozzamente. Tanto lui che i suoi compagni capirono che si trattava di una evidente tentazione diabolica.
Vedendosi Francesco tormentato da tante afflizioni, una notte, mosso a pietà di se stesso, diceva:
“Signore, vieni in mio aiuto, guarda alle mie infermità, affinché io sappia sopportare pazientemente!”.
E subito gli fu detto in spirito: “Dimmi, fratello: se qualcuno, per queste tue tribolazioni e infermità, ti desse un tesoro così grande e prezioso, che tutta la terra fosse un nulla al suo confronto, non ne saresti felice?”. Francesco rispose: “Signore, un simile tesoro sarebbe davvero grande e prezioso, meraviglioso e desiderabile”. E sentì nuovamente quella voce: “Dunque, fratello, sii lieto e felice nelle tue malattie e tribolazioni, e d’ora in poi vivi nella sicurezza, come tu fossi già in possesso del mio regno”.
La mattina, levatosi, interrogò i compagni: “Se l’imperatore donasse a un suo servo un regno
intero, non dovrebbe quel servo esserne molto felice? Se gli cedesse addirittura tutto l’impero, non
dovrebbe sentirsi ancor più felice?”.
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De
Inno Akathistos
Dalle Fonti alla Vita
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