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Brocanelli Alessio e Pazzaglia Emanuele
I GRACCHI
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Brocanelli Alessio e Pazzaglia Emanuele

I GRACCHI

LA GUERRA SOCIALE
LA GUERRA GIUGURTINA
IL FALLIMENTO DEI GRACCHI
LA RIFORMA DI GAIO
LA RIFORMA DI TIBERIO
TIBERIO E GAIO GRACCO

I PROBLEMI DI ROMA

IL Profondo cambiamento di Roma

I Gracchi, nonostante la propaganda a loro favore, non possono essere considerati "rivoluzionari", e le loro riforme, incluse quelle agrarie, miravano a ripristinare l'antica figura del contadino-soldato. Tuttavia, quest'approccio non si adattava alla nuova necessità di mantenere legioni a difesa di province lontane, risultando in parte nella riforma dell'esercito in chiave professionistica. La resistenza conservatrice del senato impedì la risoluzione dei problemi posti dai Gracchi, contribuendo alle continue guerre civili e non che afflissero Roma nel secolo successivo. L'efficacia delle leggi graccane nel frenare la decadenza della repubblica rimane incerta.

La madre, Cornelia era figlia di Scipione Africano(il vincitore di Annibale). Si sposò con il nobile Tiberio Sempronio Gracco che gli diede 12 figli. Questa donna divenne un esempio di moralità e dedizione hai figli, Cornelia rimasta vedova si occupò personalmente della loro educazione linguistica. Dopo la morte dei figli si ritirò a Miseno fino alla sua morte. Inseguito le fu eretta una statua diventando la prima donna romana ad averla.

Tiberio Sempronio Gracco e Gaio Sempronio Gracco erano i tribuni della plebe discendenti della migliore aristocrazia romana. Entrambi furono uccisi durante i tumulti conseguenti alle loro riforme.
Tiberio propose una riforma agraria che riduceva la concessione dell'ager publicus(porzioni di territrorio fuori città) ai privati.
Il patrimonio terriero dello stato, costituito dai territori conquistati nel tempo era stato dato in usufrutto a importanti famiglie nobiliari. Vi erano poi situazioni di situazioni di occupazione illegale di terre. La riforma di tiberio stabiliva il limite di assegnazione dell'ager publicus: 500 iugeri(superfice) a persona più altri 250 per ogni figlio maschio fino a un massimo di 1.000 . In oltre chi con le assegnazioni passate aveva ricevuto terre era obbligato a restituire le terre in esubero che sarebbero poi state resdistribuite ai cittadini più poveri. Per l'aristocrazia questa legge rappresentava un danno economico, ma a preoccupare i nobili era anche la prospettiva di perdere i loro clienti, cosa che si sarebbe verificata se la plebe si fosse allontanata da Roma per coltivare i lotti. ci fu una violenta opposizione senatoria da Marco Ottavio Cecina l'altro tribuno della plebe tiberio allora se ne liberò in modo illegale. L'opposizione si intensificò quando una commissione triumvirale procedette alla confisca e alla ripartizione delle terre. Durante un tumulto guidato da Publio Cornelio Scipione Nasica Tiberio fu assassinato.

Tra il 111 e il 105 a.C., Roma si trovò coinvolta in una guerra in Africa contro Giugurta, re di Numidia. Dopo la morte di Massinissa, alleato romano nella Seconda guerra punica, Giugurta usurpò il trono, causando la ribellione di Aderbale, che chiese aiuto a Roma. Tuttavia, la guerra fu gestita in modo inefficiente a causa della corruzione di politici e generali romani da parte di Giugurta. Nel 107 a.C., il console Gaio Mario intervenne con successo, catturando Giugurta e mettendo in luce la decadenza politica e militare di Roma, preludio a future sfide come la rivolta degli alleati italici e una guerra civile imminente.

Dieci anni dopo la morte di Tiberio Gracco, suo fratello Gaio riprese il progetto riformatore. Assunse il tribunato della plebe nel 123 e 122 a.C., adottando una politica conciliante. Gaio favorì i cavalieri concedendo loro l'accesso ai tribunali di anticorruzione dei magistrati e sostenne le fasce più basse con la fondazione di colonie e leggi sul grano. L'aristocrazia senatoria, guidata dagli optimates, si oppose alla sua politica, soprattutto dopo l'estensione della cittadinanza romana a Latini e Italici. Gaio non fu rieletto, causando tumulti e una repressione violenta. Si fece uccidere nel 121 a.C. Seguirono fallimenti simili con altri riformatori come Saturnino (100 a.C.) e Druso (91 a.C.), poiché la vecchia aristocrazia usò la violenza per mantenere il potere.

Il rifiuto di concedere la cittadinanza agli Italici, proposta da Marco Livio Druso, scatenò la guerra sociale (90-88 a.C.). Gli alleati italici, guidati da Sanniti e Marsi, coalizzatisi a Corfinio, lottarono duramente per tre anni. Dopo una devastante perdita di 200,000 uomini, Roma emerse formalmente vittoriosa ma comprese la necessità di estendere la cittadinanza. Nel 89 a.C., la lex Plautia Papiria garantì la cittadinanza romana agli Italici, mentre la lex Pompeia de Transpadanis estese la cittadinanza latina al Nord Italia. Tuttavia, gli Italici furono inclusi solo in otto delle 35 tribù elettorali, limitando la loro influenza politica. Nonostante ciò, questo momento segnò il passaggio dell'Italia da un'entità principalmente geografica a una con significato politico.

  1. Gli ottimati(il migliore) i più tradizionalisti e i meno disposti al cambiamento, essi rispettavano l'ordine sociale basato sul primato dell'ordine senatorio.
  2. I popolari(fautori del popolo) erano invece i più disponibili al cambiamento.
  • Nelle nuove province gli affari avevano arricchito molto l'ordine dei cavalieri. Mentre il resto della popolazione si era impoverito andando ad accrescere il proletariato urbano. Di cui ne beneficiarono i latifondisti che si erano impossessati delle loro terre.
  • L'ordine senatorio si trovò davanti a nuovi problemi dei quali non colse l'urgenza. All'interno della stessa aristocrazia senatoria si crearono due opposti indirizzi politici, manifestazione di una società poco coesa e compatta.
Dopo un secolo di conquiste l'espansione di Roma ebbe importanti consequenze di carattere economico e sociale.

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