L’opera "Enten-Eller", tradotta in italiano con "Aut-aut", fu edita da Søren Kierkegaard nel 1843 sotto lo pseudonimo di Victor Eremita. Il testo, che nell’edizione italiana consta di 5 volumi, è composto da due parti e fu scritto di getto in undici mesi, quasi interamente a Berlino.
estetica ed etica nella formazione della personalità
Aut-aut
Nato a Copenhagen nel 1813 e orfano di madre dalla più tenera età, Kierkegaard viene educato dall’anziano padre in un clima di austera religiosità pietista. Fin dagli anni giovanili soffre di crisi malinconiche, che lo accompagneranno fino alla fine dei suoi giorni. Nei Diari Kierkegaard parla spesso di un “pungolo nelle carni” che è condannato a portare, senza che l’origine di questa afflizione venga mai resa esplicita. È parimenti oscuro il riferimento al “terribile terremoto” che lo colpisce a un certo punto della sua vita, inducendolo a cambiare il proprio atteggiamento nei confronti del mondo. Il filosofo si definisce come “una cavia d’esperimento per l’esistenza” in quanto per tutta la vita è riuscito a mantenersi al “punto zero” dell’indecisione permanente.
cenni biografici
Søren Kirkegaard
La storia professionale è altrettanto tormentata di quella personale: studente di teologia a Copenhagen per volontà del padre, inizialmente abbandona gli studi universitari optando per una vita dissoluta. Ripresi gli studi alla morte del padre, si avvicina alla filosofia di Schleiermacher, Hegel e Marheineke (un teologo hegeliano), per poi prendere le distanze dall’ortodossia teologica dell’epoca. Nel 1840 si laurea con una tesi sul concetto di ironia con particolare riguardo a Socrate, pubblicata l’anno successivo. Tra il 1841 e il 1842 si reca a Berlino per seguire le lezioni del tardo Schelling, ma all’iniziale entusiasmo seguono delusione e scherno. Kirkegaard morirà, colto da un malore, nel novembre del 1846.
vita etica
vita estetica
Nell'opera "Aut-aut" vengono definiti i due stadi fondamentali dell’esistenza: la vita estetica e la vita etica. Tra i due “stadi” non vige alcuna continuità o sviluppo dialettico, in quanto essi si stagliano di fronte all’individuo nella loro lacerante incompatibilità. L’uomo – che secondo Kierkegaard è destinato in partenza a convivere con un’inafferrabile “coscienza del peccato” e con l’angoscia che ne deriva – è chiamato puramente a scegliere.
Due diverse scelte, due diverse esistenze
Alla lunga tale spasmodica ricerca del piacere genera nell’uomo estetico un senso di noia, di oppressione e di estenuazione. Inevitabilmente lo sbocco della scelta estetica sarà proprio quella disperazione che l’esteta disperatamente fugge: privo di un centro interiore, egli ha disperso il proprio io in mille esperienze e si sente “prigioniero di cose che non controlla”.
In cosa sfocia la vita estetica?
Nella scelta estetica l’uomo si rifugia nel godimento dell’istante, ovvero nella bellezza dell’effimero, per inseguire uno stato di perenne ebbrezza intellettuale capace di stordirne l’essenziale stato di disperazione. L’uomo estetico descritto da Kierkegaard (esemplificato dal Dongiovanni) non è un libertino qualunque, ma un raffinato edonista che alla facile avventura preferisce la conquista lenta e minuziosamente calcolata. Tuttavia, nell’istante in cui la sua strategia erotica dà i suoi frutti, il seduttore perde ogni interesse per l’oggetto della sua conquista, abbandonando la vittima al proprio smarrimento.
La vita estetica
La conseguenza è che l’uomo etico di Kierkegaard non può sottrarsi alla consapevolezza dei propri errori.L’esito naturale della scelta etica è perciò il pentimento che, nuovamente, sfocia nell’angoscia e nella disperazione.
in cosa sfocia la vita etica?
La vita etica si fonda, secondo Kierkegaard, nella riaffermazione di sé mediante l’accettazione di un nuovo impegno esistenziale. Prototipo della vita etica è il marito che, grazie al matrimonio e al lavoro, si adegua responsabilmente a un modello esistenziale socialmente accettato e lo riconosce come proprio: un’adesione alla morale comune che non è esteriore e meccanica, ma determinata da un intimo convincimento personale che, prima che al coniuge, impone una nuova fedeltà a se stesso. Mentre l’esteta vive solo nel presente, l’uomo etico, che agisce in vista di traguardi sociali, recupera la dimensione del passato e si proietta nel futuro, sicché su di lui grava tutto il peso della storia.
La vita etica
- L'estetica incoraggia il soggetto a vivere nella perenne ricerca del piacere e del godimento. Il risultato è che l'uomo s'impregna di tutti gli ambienti che attraversa, altera in ogni nuova esperienza il suo tono sentimentale, scinde la sua personalità in una serie di incarnazioni effimere, smarrendo la possibilità di ritrovarsi e di raccogliersi in se stesso. - L'etica mira a distogliere l'uomo dalla distrazione nel molteplice e nel finito, e aprirgli l'accesso all'unità infinita della personalità nel suo fondamento religioso.
Esiste una scelta migliore dell'altra?
"Una scelta estetica non è una scelta.Scegliere è soprattutto una espressione rigorosa ed effettiva dell'etica."
il primato dell'etica
Chi vive esteticamente non sceglie perché vivere esteticamente è vivere nell'indifferenza.La personalità dell'esteta in sé non è nulla ed è solo in rapporto ad altri; diviene tutto perché in tutto può disperdersi, ma concretamente non è nulla. Ciò che dà valore all'uomo è la ricerca della personalità: in questo consiste l'etica. Chi sceglie l'estetica, dopo aver avuto la rivelazione dell'etica, non vive più esteticamente ma ineticamente perché, uscito ormai dall'indifferenza estetica, soggiace al giudizio etico.
"Finché vivi solo esteticamente, la tua vita non è affatto essenziale."
"Solo poche persone hanno un'idea di cosa sia vivere."
"L'estetica è nell'uomo ciò per cui spontaneamente è quello che è; l'etica è quello per cui l'uomo diventa quello che diventa."
"Ogni concezione di vita estetica è disperazione, perché si fonda su ciò che può essere e non essere.Questo non succede per la concezione etica della vita perché essa si fonda su ciò a cui è essenziale l'essere."
"Immagina un capitano sulla sua nave nel momento in cui deve dar battaglia; forse egli potrà dire: bisogna fare questo o quello; ma se non è un capitano mediocre, nello stesso tempo si renderà conto che la nave, mentre egli non ha ancora deciso, avanza con la solita velocità, e che cosí è solo un istante quello in cui sia indifferente se egli faccia questo o quello. Cosí anche l'uomo, se dimentica di calcolare questa velocità, alla fine giunge un momento in cui non ha piú la libertà della scelta, non perché ha scelto, ma perché non lo ha fatto; il che si può anche esprimere cosí: perché gli altri hanno scelto per lui, perché ha perso se stesso... Poiché quando si crede che per qualche istante si possa mantenere la propria personalità tersa e nuda, o che, nel senso piú stretto, si possa fermare o interrompere la vita personale, si è in errore. La personalità, già prima di scegliere, è interessata alla scelta, e quando la scelta si rimanda, la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze." (Søren Kierkegaard, Aut-aut)
la metafora del capitano della nave
Kierkegaard, come padre dell' esistenzialismo, ha approntato strumenti filosofici che si sono rivelati efficaci: i concetti di possibilità, di scelta, di alternativa e di esistenza come modo di essere proprio dell'uomo; ha fatto valere la filosofia non come conoscenza oggettiva, ma come un pathos, un atteggiarsi e progettarsi dell'esistenza umana e come impegno in tale progettarsi. Il filosofo danese ha influenzato diversi filosofi del '900 del calibro di Heidegger, Jaspers e ancora Sartre, Camus, Bultmann, Bonhoeffer.
La Fortuna di Kirkegaard