il secolo delle donne
Emanuela Avagnano
Created on May 30, 2023
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Transcript
IL SECOLO DELLE DONNE
EMANUELA AVAGNANO 4Bs
Lo sport però è stato scoperto e rivendicato dalla donna tardi, rispetto all’acquisizione di altre libertà e diritti, ottenuti in parecchi anni di lotte.
Nel campo sportivo, si diceva, la rivoluzione femminile non si è completata affatto. Iniziata nella seconda metà dell’800, proseguita nel XX secolo, ha subito rivelato infatti un duplice fronte: da un lato la ricerca da parte della donna della propria affermazione, dall’altro il suo schierarsi contro chi vedeva nello sport un fenomeno borghese. Il nascente femminismo politico-socio-culturale si scontrò ben presto con lo sport delle donne, per la nota avversione allo sport dei movimenti socialisti. La donna, dunque, si è trovata a dover lottare due volte: per farsi accettare dal mondo dello sport e dalla società in genere.
LA CONDIZIONE SPORTIVA DELle donne NEL '900
Appare dunque evidente che la conquista del tempo libero da parte delle donne avrebbe anche significato la trasformazione della loro condizione. Lo sport, in questo ambito, avrebbe avuto un ruolo importante, di con- ferma della ricerca di autonomia e di affermazione. Con lo sport, infatti, la donna avrebbe riscoperto il suo corpo e di conseguenza la sua sessualità, realizzando una nuova immagine di sé. Scoprendo che il corpo non le serviva solo a procreare, ma rivelava anche la propria capacità di forza, resistenza, velocità, elevazione e via discorrendo, la donna avrebbe potuto evidenziarne l’estetica,
È infatti difficile pensare che la donna lavoratrice di inizio del Novecento potesse avere del tempo libero e, in ogni caso, volesse impiegarlo con attività di loisir. Non dimentichiamo che le ore quotidiane lavorative erano veramente tante: in Italia 12 nel 1902, in Germania 16 ancora nel 1906, e la donna della classe operaia, una volta tornata a casa, dopo il lavoro in fabbrica, in famiglia era soggetta all’ultimo dominio di cui poteva disporre l’uomo proletario, per cui la prima oppressione di classe che la donna subiva era proprio quella da parte del marito. In queste condizioni, non le era lasciato molto spazio da dedicare alla propria persona.
LA CONDIZIONE SOCIALE DELLE DONNE NEL '900
Le origini dello sport femminile si presentano difficili, piene di ostacoli e contraddizioni, ma di fatto coerenti con le vicende della storia della donna. Il movimento sportivo femminile italiano ha le sue radici nei primi tentativi di emancipazione della donna nell’Ottocento, particolarmente travagliati nel nostro Paese a causa di una serie di motivazioni storico-sociali: l’esperienza italiana infatti si distacca da buona parte dei Paesi del resto d’Europa. Nei Paesi anglosassoni, in cui sappiamo che è nato il concetto di sport moderno, ma da cui è partita anche la lotta delle suffragette, lo sport è stato un fattore di questo processo, anche se non proclamato ufficialmente e senza che la donna se ne rendesse conto fino in fondo. In Italia invece negli stessi anni si parla poco di emancipazione della donna attraverso lo sport, perché questo, sul versante femminile, è quasi inesistente, mentre inizia a fare i suoi primi passi l’educazione fisica per la donna a scopi igienico-terapeutici ed eugenetici, al fine cioè di mantenere sano e forte il corpo della donna, futura madre. Mentre infatti quasi tutto il resto d’Europa si rende conto dell’importanza dello sport femminile, in Ita- lia è più radicata la visione della donna come madre e come sposa.
LA LOTTA PER I DIRITTI
Si scelsero per la donna gli sport considerati meno faticosi e meno violenti: il tiro con l’arco, il tennis, il croquet, il golf, in cui l’abbigliamento era conforme al comune senso del pudore. Ma per tornare in ambito internazionale, alla I Olimpiade le donne non furono ammesse.
L'Italia liberale iniziò a pensare allo sport femminile per motivi eugenetici. La Federazione Ginnastica decretò nel 1896 la costituzione di un Comitato Centrale Femminile allo scopo di propagandare «l’educazione della donna mediante conferenze, giuochi ginnici e sportivi». Non tutte le Società risposero positivamente a questo invito, perché per i loro responsabili la ginnastica doveva mantenere caratteri virili, potenti, premilitari e militari, che la pratica femminile avrebbe invece in qualche modo compromesso. Nel 1898 il neonato Comitato Centrale Nazionale per l’Educazione Fisica e i Giuochi Ginnici nelle Scuole e nel Popolo decise di creare una sezione femminile, di cui fecero parte le nobildonne romane Carolina Rattazzi, Cecilia Scia- loja e la marchesa Costanza Gravina, che già dal 1890 ave- vano costituito la sezione femminile della Società Ginnastica
Volendo citare le prime tappe dello sport femminile propriamente detto, dunque delle prime manifesta- zioni in ambito competitivo, lo storico Uriel Simri propone il I Campionato di tiro con l’arco a New York nel 1845. In Inghilterra dal 1860 in poi ci fu un numero crescente di gare femminili di tiro con l’arco, tennis e golf.
LA GINNASTICA PER LE DONNE
I Gruppi sportivi scolastici, nati nel 1950, determinarono il riconoscimento dell’importanza dello sport per l’educazione delle masse studentesche, anche di quelle femminili in continua crescita. L’educazione fisica femminile è forse quella che maggiormente è cresciuta in Italia nel dopoguerra, potendo usufruire di un proprio metodo, esclusivo per le ragazze: quello della ginnastica moderna della Gotta.
Nella storia di questo periodo ricoprì un ruolo importante l’Accademia Fascista Femminile di Educazione Fisica di Orvieto, che nel 1932 aprì i suoi corsi, del tutto simili a quelli maschili di Roma, tranne che per alcune materie. In particolare risalta l’esclusione della filosofia e della psicologia dal cur- riculum femminile, quasi che fossero materie che troppo avrebbero allargato gli orizzonti mentali delle allieve. In fondo, per il fascismo la donna restò sempre una moglie e sposa esemplare, e anche il tentativo di assegnarle incarichi di rilievo, per esempio nelle Organizzazioni giovanili, non si prefiggeva affatto alcun intento emancipatorio né il riconoscimento di alcun merito manageriale. Ciò è evidente nel fatto che il CONI, che si struttura con il suo Statuto in questo periodo storico, non ha riservato alcun posto da dirigente alle donne, se non proprio in questi ulti- mi anni, si diceva, e su spinta delle richieste del Cio.
LA DONNA DURANTE LA GUERRA E IL DOPOGUERRA
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Incidono negativamente anche le influenze familiari, che nella maggioranza dei casi sono per tradizione contrarie allo sport.
La visione della donna in quanto essere sottomesso all’uomo, sua proprietà e a lui inferiore a tutti i livelli, ha causato dei ritardi considerevoli nella marcia di avvicinamento delle donne allo sport. Questa tuttavia è iniziata e si presenta carica di valenze emancipatorie. Non tutti i Paesi islamici si presentano chiusi e integralisti di fronte al divieto per le donne musulmane di fare sport; ciononostante per molti di questi Paesi, lo stadio, per esempio, è considerato uno spazio trasgressivo e provocatorio, al pari dei night-club e delle discoteche.
Il fatto che l’islamismo con i suoi precetti sulla donna costituisca la religione di Stato in diversi Paesi e che questi abbiano un governo centralizzato, comporta che anche l’educazione e lo sport, oltre che l’economia e la vita politica in genere, siano sotto il controllo esclusivo dello Stato, sia esso rappresentato da un partito o da un monarca.
LO SPORT PER LE DONNE ISLAMICHE
Celebre per quanto riguarda lo sport femminile è la figura di Sania Mirza, tennista islamica.Sania Mirza è stata un'importante tennista indiana. Celebre è la sua frase:"In quanto donne, nella società indiana ci viene data una lista di cose che possiamo e non possiamo fare. Nessuno pensa a incoraggiarci e sostenere i nostri sogni". Quando Sania ha partecipato ai primi tornei della sua vita il tennis non era uno sport sconosciuto in India anzi la categoria maschile aveva importanti giocatori come i Krishnan e i fratelli Amritraj. Per le donne un percorso simile non era lontanamente ipotizzato. Sania ,però, ha potuto contare sull'appoggio dei genitori e un particolare sull'esperienza del papà Imran, editore di una rivista sportiva. Solo così il suo talento è potuto sbocciare in un contesto ostile. Critiche e minacce non sono ovviamente mancate nella sua carriera e vita privata da donna libera e pronta a tutto per realizzare i suoi obiettivi. Nel 2005 fu oggetto di una fatwa emessa da un gruppo di teorici musulmani che consideravano il suo abbigliamento in campo contrario ai precetti islamici. Nel 2010 il partito nazionalista indù chiese a Mirza di riconsiderare la sua decisione di sposare un pakistano e ciò fu un altro momento della vita di Sania in cui hanno prevalso le convenzioni culturali e sociali.
SANIA MIRZA
Mirza
Sania
Lo sport femminile in Italia ha raggiunto vertici invidiabili, in molte specialità. Nomi come quelli della Di Centa, della Compagnoni, della Belmondo per lo sci e quelli della Simeoni, della Pigni e della Dorio per l’atletica leggera ci ricordano le grandi stagioni dello sport italiano. Ma anche quelli più recenti della Pozzo (mountain bike), della Idem (canoa), della Fogli (maratona), della Pellegrini (nuoto), della Trilli- ni e della Vezzali (scherma), per citarne solo alcuni, stanno a testimoniare l’alto livello di preparazione raggiunto dalle sportive italiane e la presenza di un buon vivaio. Nel frattempo, il movimento femminile ha riscoperto l’importanza dello sport che, per quanto sottolinei le differenze biologiche tra i due sessi, è un valido sussidio nel processo di abbandono dell’immagine tradizionale della donna. Questa ha finalmente modo di esprimere le proprie qualità atletiche in un raro momento di affermazione personale più o meno accettata dalla maggioranza delle persone. Mentre a livello sociale la donna assume gradualmente ruoli di sempre maggiore responsabilità, essa può anche scoprire un modello comportamentale dapprima sconosciuto, appunto quello agonistico, in cui può scendere in competizione per conquistare un ruolo non subalterno a quello dell’uomo.
LO SPORT FEMMINILE OGGI
E, per finire, una tappa miliare in questo processo di affermazione dello sport femminile che ci siamo sforzati di raccontare, è stata la I Conferenza su “La Donna e lo sport” organizzata a Losanna nell’ottobre 1996 alla presenza di 220 partecipanti di 96 Paesi, coordinata da Anita de Franz, membro della commissione esecutiva del CIO e Presidente del gruppo di lavoro che il CIO ha voluto sullo stesso argomento. In quell’occasione è stato messo in evidenza come la presenza della donna nel mondo dello sport sia proporzionata al suo progresso politico ed economico, e come le pari opportunità per uomini e donne ancora stentino ad affermarsi in quasi tutti i settori della società, sport compreso.
La sua carriera procede a gonfie vele ormai da dieci anni. La serie A è arrivata prima con il Novara e poi con l’Imoco di Conegliano. Nel 2015 ha ottenuto le prime convocazioni nella Nazionale maggiore italiana, con cui, nel 2017, ha vinto la medaglia d'argento al World Grand Prix. Nel 2018 ha conquistato la medaglia d'argento al campionato mondiale, un anno dopo è arrivato il bronzo al campionato europeo. Nel 2022, anno in cui entra a far parte della prestigiosa VakifBank di Istanbul, vince la medaglia d'oro alla Volleyball Nations League, venendo riconosciuta come migliore opposto.
Il talento di Paola venne presto notato dall’allenatore del Cittadella, la città in cui l’adolescente viveva con la famiglia, e a soli dodici anni entrò a far parte delle giovani promesse della squadra. A 14 la grande occasione: trasferirsi a Milano per giocare in serie B1. Paola non si è fatta scoraggiare: lasciata casa e famiglia per vivere, studiare e allenarsi fuori, ha trovato la forza di affrontare il cambiamento nel rapporto, strettissimo, con le compagne di squadra, che l’hanno aiutata a combattere anche gli episodi di razzismo vissuti in campo.
PAOLA EGONU
Paola Egonu
In campo non conta il colore della pelle ma quanto cuore metti in quello che fai.
Il secondo titolo olimpico arriva a Tokyo 2021, sempre nella prova individuale, cui segue l’argento nella prova a squadre. Ventiquattro anni e quattro medaglie olimpiche, di cui due ori individuali. La carriera nella scherma di Bebe Vio è straordinaria, e non potrà che essere luminosa negli anni a venire.
Nel 2010 esordisce a Bologna, nel 2011 è campionessa italiana under 21 e nel 2012-2013 campionessa italiana assoluta. La storia sportiva di Bebe Vio è una rapida ascesa, avvenuta con l'aiuto delle sue insegnanti di sempre: Federica Berton e Alice Esposito. Il primo titolo mondiale arriva nel 2015, a Eger, Ungheria, durante i campionati di categoria. Nel 2016, nei campionati europei assoluti, vince l’oro individuale e l’argento a squadre. La vera consacrazione avviene col titolo olimpico alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016, con la vittoria per 15-7 contro la cinese Zhou Jingjing. Due giorni dopo arriva la seconda medaglia, col bronzo vinto nella prova a squadre.
Nell’anno seguente arriva una degenza di tre mesi e mezzo in ospedale, con l'amputazione di avambracci e gambe ormai necrotizzati, la riabilitazione e, infine, la ripresa con la scherma. Da quel momento Bebe Vio diventa una testimonial per le campagne vaccinali contro la meningite.
Bebe Vio nasce a Venezia e cresce a Mogliano Veneto, con un fratello maggiore e uno minore. Fin da subito pratica scherma, oltre a essere una scout. A undici anni, però, nel 2008, arriva la malattia: la meningite di tipo B.
bebe vio
BEBE VIO
Essere speciali significa riuscire a far capire che il tuo punto debole diventa quello di cui vai più fiero.
Bebe Vio
Paola Egonu
EMANUELA AVAGNANO 4Bs
grazie