Want to make creations as awesome as this one?

Transcript

Lo straordinario monte:

Monte Cairo

classe 2 H - Liceo Scientifico Statale "G.Pellecchia" Cassino (FR)

Il Massiccio del Monte Cairo Descrizione L'antico Mons Clarius (1669 m), così chiamato perchè, nell'antichità, vi era un tempio dedicato ad Apollo (Clarius) dove oggi è situata, l'abbazia di Montecassino, costituisce la vetta principale del massiccio del Monte Cairo, composto anche dalla vetta del Monte Campanella (1318 m) e da altri cocuzzoli minori. Caratteristiche geo-morfologiche L’area si sviluppa in un territorio a morfologia montuosa con quote superiori ai 950 m s.l.m., la massima quota si raggiunge in corrispondenza del Monte Cairo (1669 m s.l.m.). L’intero settore si sviluppa su rilievi caratterizzati da rocce carbonatiche che presentano pendenze ed esposizioni geografiche estremamente variabili. I versanti si presentano abbastanza incisi e si hanno numerose e piccole valli separate da brevi e ripetute creste rettilinee affilate. I processi morfologici maggiormente attivi sono riconducibili all’azione delle acque meteoriche che esercitano un modellamento di tipo carsico molto diffuso vista la presenza cospicua di rocce calcaree che presentano numerosissime fratturazioni di origine tettonica, cui si aggiungono spesso discontinuità che favoriscono l’infiltrazione e l’aggressione chimica delle acque superficiali. Ciò dà origine a fenomeni erosivi superficiali come doline e sistemi profondi (ipogei) come inghiottitoi e grotte. Caratteristica è inoltre la presenza di bacini carsici formati da depressioni chiuse come in località “Le Sett’are” (nel settore centrale del Massiccio del Monte Cairo) a forma allungata o come, in località La Soda (nel settore nord-orientale del Massiccio del Monte Cairo), a forma di conca contornata da una rete di drenaggio sotterraneo e da doline. In generale il terreno superficiale del Monte Cairo si è generato dalla trasformazione delle rocce carbonatiche presenti in maniera cospicua in loco, visibili in corrispondenza degli affioramenti di terre rosse e sui versanti caratterizzati da terrazzamenti fatti dall’uomo dove si evidenziano tra l’altro fenomeni di erosione del suolo dovuti al completo abbandono delle coltivazioni agricole.

Sismicità In base alla Riclassificazione del 2009 (DGR 387/09) sulla Pericolosità Sismica della Regione Lazio, modificata da aggiornamenti minori degli ultimi anni, il territorio del massiccio del Monte Cairo e dei Comuni ad esso afferenti, è stato dichiarato ad elevato rischio sismico a causa della tettonica ancora attiva legata alla fase post-collisionale dell’orogene appenninico.

Attività antropiche Le aree non ricoperte da zone boschive sono interessate da terrazzamenti antropici che in passato erano oggetto di coltivazioni ormai in disuso che danno origine a frequenti fenomeni di erosione. Si evidenzia inoltre che a 3 km a Nord-Est di Colle San Magno, è presente una cava di asfalto di una certa importanza, molto sfruttata nel passato sia in galleria che a cielo aperto, interrotta per il pericolo derivante dalle numerose frane prodotte dell’eccessiva friabilità della roccia. Altre attività estrattive sono state effettuate nel passato nelle zone di Terelle, Belmonte Castello e Mortale (SE di Casalattico), in cui dal 1939 al 1942 sono stati sfruttati dei piccoli filoni di pirolusite e manganite. Dopo il 1943 la scarsezza di minerale ha reso antieconomico ogni ulteriore sfruttamento.

La flora e la vegetazione presente Le tipologie ambientali presenti nell’area sono diversificate e caratterizzate da coltivi e incolti alle quote inferiori, querceti misti e castagneti, lecceta nei versanti a Sud e faggeta alle quote più alte e generalmente sui versanti a Nord. Le aree sommitali sono invece caratterizzate da habitat di prateria. Interessanti poi gli habitat di rupi. I boschi nel settore submontano e montano del massiccio si presentano costituiti da faggete, ostrieti e lecceti. Boschi di faggete Le faggete sono riferibili all’associazione Aquifolio-Fagetum; sono localizzate, oltre che sulla cima di Monte Cairo anche in altre aree del massiccio (Soda-Pizzo Prato Caselle, Monte Salere, Colle Rotondo, Monte Marro, Monte Le Catenelle). Si sviluppano lungo un intervallo altitudinale di 880-1640 m s.l.m., con esposizione soprattutto settentrionale ed orientale ed inclinazione media dei versanti di 20°. Nelle zone più in quota troviamo boschi di faggio monospecifici, mentre con la diminuzione altitudinale troviamo boschi di faggio misti a carpino nero, acero opalo e leccio, mentre sporadico è il cerro. Boschi a dominanza di Ostrya carpinifolia I boschi misti che ricadono in questo gruppo sono localizzati soprattutto sui versanti settentrionali del Massiccio di Monte Cairo in corrispondenza di terre brune. L’ampiezza altitudinale varia dagli 820 m. ai 1220m s.l.m. Le specie dominanti di questo strato risultano essere Ostrya carpinifolia, Fraxinus ornus , Quercus pubescens e Fagus sylvatica in rapporti quantitativi variabili. Boschi a dominanza di leccio La tipologia di boschi più diffusa è la lecceta nei versanti esposti a Sud, caratterizzati dalla dominanza di Quercus ilex e da una altezza dello strato arboreo compresa tra 5 e 12 m, con una copertura del 90-100%, le quote osservate sono tra i 900 e i 1100 m s.l.m. Queste formazioni sono a contatto con ostrieti e faggete che si compenetrano a vicenda. Specie alloctone I vari interventi di riforestazione realizzati con Pinus nigra negli anni ‘50-‘60 con lo scopo di contenere il dissesto idrogeologico, risultano circoscritti al versante sud-orientale di Monte Cairo a quote comprese tra i 700 m ed i 1400m hanno costituito fino al 2017 - 2020 una porzione relativamente consistente del patrimonio forestale dell’area che è stata quasi totalmente distrutta da incendi di natura dolosa e che attraverso progetti di riforestazione si sta cercando di ripristinare sebbene ci vogliano degli anni. Formazioni arbustive Altre formazioni vegetali sono rappresentate dalle chiarie o radure boschive, rilevate sul versante Nord del Monte Cairo ad un’altitudine massima di 1230 m. s.l.m. Sono costituite da Juniperus communis, Rosa canina, Crataegus monogyna e Rubus canescens sono in contatto con le faggete, mentre Pyrus pyraster, Rosa arvensis e Rubus canescens sono in contatto con i boschi di ostrieti. Formazione erbacee Si tratta di praterie presenti nel piano montano e altomontano del massiccio di Monte Cairo tra gli 800 e i m. 1669 s.l.m. Risultano frequenti in tutto il massiccio soprattutto in esposizione sud-ovest, preferendo posizioni acclivi. Anche se buona parte dei prati si sono sviluppati in seguito ad opere di deforestazione in sostituzione soprattutto di ostrieti, attualmente lo strato erbaceo è caratterizzato da un’abbondante ricchezza di specie, dove dominano graminacee (Bromus erectus, Phleum ambigum).

Storia di una rinascita: la prima riforestazione del Monte Cairo. Premessa “Succisa virescit” (Recisa alla base, torna rinverdire), sono le parole che ornano lo stemma dell’abbazia di Montecassino e vengono utilizzate per indicare tutto ciò che, dopo la distruzione della Seconda Guerra Mondiale (bombardamento del 15 febbraio 1944), trova in sé la forza per tornare a vivere e quindi simbolo di rigenerazione, forza interiore e resilienza. Fu proprio la forza di riscatto e di rinascita che animò gli abitanti di Cassino e di tutti i paesi alle pendici del Monte Cairo, tra cui Terelle e Caira, all’indomani della guerra nella ricostruzione di luoghi fisici e di legami umani. Tra le crepe, negli spazi vuoti o abbandonati, gli abitanti misero a dimora specie di piante resilienti capaci di trasformare terreni devastati e poco ospitali per prepararli al nuovo che sarebbe venuto, riappropriandosi così del loro futuro. Il Monte Cairo: dalle ferite della guerra alla ricostruzione possibile Il primo rimboschimento di Monte Cairo fu effettuato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale in base ad una legge del 1949 denominata “Piano Fanfani” (Legge n.43, del 28/02/1949) dal nome del deputato Amintore Fanfani, allora Ministro del lavoro e della previdenza sociale del Governo De Gasperi (maggio 1947- gennaio 1950). Il 28 febbraio 1949 il Parlamento italiano approvò il progetto di legge “Provvedimenti in materia di avviamento e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati”, agevolando, oltre al collocamento, anche la costruzione di case per gli stessi lavoratori, con il quale si sarebbe dato avvio a un piano per la realizzazione di alloggi economici, noto come piano INA-Casa. L’opera di riforestazione si rese quanto mai necessaria perché, nell'immediato dopo-guerra, ci fu un grande diradamento della vegetazione lungo i pendii della montagna distrutta sia dai bombardamenti sia utilizzata come fonte d'energia e riscaldamento. Il terreno era diventato facilmente erodibile e dava luogo a fenomeni franosi. Si racconta infatti che una famiglia di carbonai che stava lavorando sul Monte Cairo, durante un'alluvione, fu travolta dalle acque e dal fango e vi furono dei morti. Urgeva quindi rimboschire per rinsaldare il terreno e impedire che venisse ulteriormente danneggiato. Il “cantiere Fanfani” che si costituì sul Monte Cairo, finalizzato alla riforestazione delle aree devastate e alla sistemazione di torrenti montani, diede lavoro a decine di persone disoccupate che, con una paga di 600 lire al giorno, erano impegnate dall’alba al tramonto nella piantumazione di nuovi alberi sulle coste di Terelle, della “Ceneta”, della Cesa, di Montecassino, di Monte Trocchio, di Villa Santa Lucia, di Aquino e di Piedimonte San Germano. I rimboschimenti vennero realizzati adoperando specie resilienti, come i pini, che crescono bene anche in condizioni di clima e di terreno piuttosto difficili. Queste piantine erano coltivate nel Vivaio della Forestale dello Stato a San Pasquale, presso Cassino, e nel piccolo Vivaio di Caira, e una volta cresciute venivano piantate sulle montagne circostanti. Venne poi fatta ricrescere la vegetazione spontanea del monte rappresentata prevalentemente dal leccio, una specie quercina e sempreverde come il pino. Oltre al leccio era diffuso anche il carpino e altre specie tipiche dei boschi della zona, della macchia mediterranea e dell’area fitoclimatica di appartenenza del massiccio del Monte Cairo e del Lazio Meridionale. Insieme al rimboschimento in quegli anni vennero sistemati anche due fossi che da Terelle scendevano verso Caira: uno passava dentro il paese e finiva esattamente di fronte all’attuale bar che si trova nella piazzetta della Pace; l’altro passa tuttora alla fine di via Toselli-Saragosa. Furono fatte una serie di opere di sbarramento: ad esempio la trasformazione in una rampa unica di scalini e anche delle opere trasversali che servivano a limitare la velocità dell'acqua e a fare in modo che lo scavo provocato dall'acqua non ci fosse più e che venissero realizzati degli argini. Per di più, per eliminare il problema del fosso che passava dentro il paese, rendendo infelice e stretta la via principale, venne deviato sopra al Capocroce all'inizio del paese e venne costruito un muro di sbarramento che convogliava le acque del torrente verso un altro fiumiciattolo. Si realizzò, poco prima della deviazione, anche una cascata tutta rivestita in pietra con degli spuntoni di cemento armato che servivano a trattenere i massi che, eventualmente, venivano trasportati. Questi lavori di sistemazione dei fossi furono molto riusciti perché, con la deviazione del torrente, fu costruito l’attuale Corso San Basilio a Caira. Il contributo delle donne di Caira nel rimboschimento del Monte Cairo Molte giovani operaie di Caira, nei primi anni del dopoguerra, lavoravano nel Vivaio della Forestale dello Stato di San Pasquale, presso Cassino, per riforestare i territori montani circostanti devastati dai bombardamenti. Tutte le mattine, al sorgere del sole, si recavano a piedi al lavoro cantando per farsi coraggio e iniziare con grinta la loro lunga giornata. Durante il tragitto la comitiva diventava sempre più numerosa e il loro canto sempre più forte: «La canzone dell’operaia» e «La stradella» erano solo alcune delle canzoni che venivano intonate. Giovani donne che, cantando alla loro ritrovata gioia di vivere, per anni e con coraggio hanno trascorso le loro giornate chine nella cura delle piantine, che una volta cresciute abbastanza, sarebbero state piantate sulle montagne circostanti. A questo punto, il lavoro si spostava in montagna e alcune di loro facevano le «acquaiole», scendendo giù in paese a prendere l’acqua alla fontana di “Poppa” e, con la cannata in testa, salivano e scendevano, più volte al giorno, lungo le stradine di montagna per portare da bere agli operai che erano impegnati nella messa a dimora delle piantine di pino sulle coste di Terelle, delle “Ceneta”, della Cesa, di Montecassino, di Monte Trocchio, di Villa Santa Lucia, di Aquino e di Piedimonte San Germano. Le donne «acquaiole» durante la giornata dovevano fare molti viaggi con la cannata in testa piena di acqua fresca e, a fine giornata, erano distrutte dalla fatica per i chilometri percorsi su e giù per i monti. Ancora oggi molte nonne raccontano ai nipoti questa loro esperienza lavorativa vissuta in gioventù, orgogliose per aver contribuito alla crescita dei boschi e delle pinete che rendono il Monte Cairo ricco di boschi e di aria pulita. Anche a Caira, in Via Lago, c’era un piccolo vivaio che, fino a pochi anni fa, dava lavoro ad alcuni abitanti del luogo, ma oggi purtroppo è chiuso e completamente abbandonato dove, tra siepi ed erbacce, di rado pascola qualche gregge. Purtroppo, il prezioso e duro lavoro di rimboschimento portato a termine anche dalle giovani donne di Caira nei primi anni del dopoguerra è stato reso vano dai violenti incendi divampati nel 2017 e nel 2020 che in breve tempo si sono estesi sui versanti del nostro straordinario Monte cancellando anni di duro lavoro e di specie boschive quali pini, faggi, carpini, cerri, querce, aceri, lecci, olivi e castagni. Le canzoni delle operaie della Forestale: 1) La canzone dell’operaia; 2) La stradella: purtroppo, non è stato possibile trascriverne il testo in quanto tramandata solo oralmente e ne è stata persa la memoria. «La canzone dell’operaia» All'alba se ne parte l’operaia con la spesa sotto il braccio a lavorare a San Pasquale nel vivaio della Forestale...

Caratteristiche idrogeologiche Cassino - Sorgenti del Fiume Gari nei pressi della Rocca Janula Il massiccio del Monte Cairo fa parte di un complesso acquifero di piattaforma carbonatica che costituisce un’area di alimentazione presente all’interno delle rocce carbonatiche profonde di cui fanno parte: Monti Simbruini, Monti Ernici, Monte Camino, Monti delle Mainarde e Monte Cesima. Questa falda alimenta una serie di importanti sorgenti che sono localizzate ai limiti della struttura del massiccio del Monte Cairo nei pressi dell’abitato di Cassino, rappresentate dalla Sorgente del gruppo del Gari e, nell’abitato di Castrocielo, dalla sorgente di Capodacqua. Nel territorio del Massiccio del Monte Cairo non si rinvengono corsi d’acqua come fiumi o torrenti (anche a carattere stagionale): i principali fiumi, il Melfa e il Rapido, scorrono nelle valli alle pendici del massiccio del Monte Cairo. A causa dell’elevata permeabilità delle rocce carbonatiche, non si rinvengono sorgenti montane, si individuano invece numerose cisterne che immagazzinano le acque di precipitazione meteorica.

La fauna presente sul Monte Cairo Il territorio del Massiccio del Monte Cairo si è presenta particolarmente interessante per la presenza di specie faunistiche importanti, che utilizzano il territorio o per la caccia o per la nidificazione in relazione alle diverse tipologie ambientali presenti quali: habitat di rupi e habitat di praterie nelle aree sommitali, alle quote più elevate la faggeta nel versante Nord e la lecceta nel versante Sud, querceti misti e castagneti, coltivi e incolti alle quote inferiori. Per quanto riguarda i rettili sono state rilevate all’interno dell’area: la vipera, il saettone, il ramarro, la lucertola campestre, la lucertola muraiola. Tra gli anfibi, è presente il Rospo Comune, mentre si può considerare per la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) solo come specie potenziale ed il Cervone è presente in un’area limitrofa (le gole del Melfa). Monte Cairo ospita numerose specie di uccelli rapaci. Nel bosco è presente sia lo Sparviere che occupa la faggeta dove è stato avvistato in località Morroni ma anche nel bosco misto che caratterizza le aree a quote inferiori (Terelle, Casalattico, Monte Salere). Negli ambienti di rupi nidificano sia il Gheppio, sia il Falco pellegrino. Per il Gheppio si hanno solo dati di una coppia nidificante in area esterna al massiccio del Monte Cairo, in località “La Fossa”, non si hanno dati certi, invece, sul Falco Pellegrino. L’Allocco frequenta invece le aree boschive, nella faggeta e nel castagneto di Terelle il canto è stato ascoltato con una certa regolarità, Civette e Barbagianni occupano invece gli ambienti agricoli. I castagneti di Terelle rappresentano un ambiente interessante: grandi e vecchi alberi favoriscono la presenza di una numerosa comunità ornitica con specie interessanti quali Luì bianco, Luì piccolo, Luì verde, Picchio verde, Picchio rosso maggiore, Civetta, Poiana. L’Aquila reale è presente con individui erratici e/o con esemplari provenienti dai vicini Simbruini o dal Parco Nazionale d’Abruzzo. Essa ha provato in passato anche a stabilirsi nell’area ma la colonizzazione non è avvenuta per attività di bracconaggio. Interessante è poi la presenza di specie migratrici come il Biancone, il falco Pecchiaiolo, il Nibbio Bruno che trovano sia un ambiente per la caccia ma soprattutto un’area da occupare più o meno a lungo durante le fasi di migrazione. Nel territorio del Massiccio del Monte Cairo sono state osservate le seguenti specie di mammiferi: la Lepre europea, specie minacciata in modo critico perché oggetto di caccia. Tra i roditori, troviamo l’istrice, la specie più grande presente nel territorio, è stato osservato soprattutto su versanti rocciosi e soleggiati, e nel bosco misto. Tra i carnivori le tracce della Volpe sono state trovate in tutti gli habitat dell’area . La specie occupa infatti tutti gli ambienti presenti nel territorio. Tra le specie appartenenti ai mustelidi la Faina (Mustela foina) appare quella più diffusa. Rilevata soprattutto nel bosco misto ma anche in faggeta, in ambiente roccioso e presente in ambienti molto vari fino ad altitudini abbastanza elevate. La presenza della Donnola il più piccolo predatore europeo è testimoniata dalla presenza di escrementi e osservazioni personali. Il Tasso che è stato invece rilevato in numerose località sia esterne al massiccio del Monte Cairo che in area sommitale fino al limite del bosco. Per quanto riguarda il Lupo, specie che senza dubbio riveste una notevole importanza conservazionistica in quanto minacciata di estinzione, non sono stati raccolti dati che possano avvalorarne la presenza con certezza. E’ probabile che il Lupo utilizzi l’area come territorio di caccia, come area di rifugio o che semplicemente la attraversi durante gli spostamenti compiuti da individui in dispersione tra il Parco dei Simbruini e il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Nei boschi soprattutto di leccio è presente il Cinghiale, le tracce di attività lasciate da questo animale sono facilmente osservabili.

La guerra a Monte Cairo e la Linea Gustav La zona del Monte Cairo è stata, durante la Seconda Guerra Mondiale, punto di accampamento per i tedeschi, detta linea Gustav, e teatro di scontri, il principale, quello della battaglia del Belvedere (1944), che vide l’assalto da parte degli alleati contro le forze naziste. I bombardamenti aerei e la straziante guerra di posizione videro come risultato la distruzione dell’area boschiva del monte, che verrà però ripopolato di alberi al volgersi della guerra grazie a uno sforzo cittadino comune. La Linea Gustav ieri La Linea Gustav era una fascia di fortificazioni e postazioni tedesche che divideva l’Italia in due, che passava anche lungo i versanti del Monte Cairo che servivano alla facilitazione della comunicazione tra le forze dell’Asse e a contrastare l’avanzata degli alleati che provenivano da sud. Fungeva dunque da schermo protettivo naturale delle zone della penisola ancora sotto il controllo fascista. Venne utilizzata dal 4 ottobre 1943, eretta sotto comando di Hitler, fino al 18 maggio 1944, data in cui gli americani riuscirono a penetrare, costringendo i tedeschi ad arretrare. La Linea Gustav oggi La linea Gustav oggi è un importante sito turistico del cassinate: - La prima tappa è il rifugio, bunker sotterraneo, dove i tedeschi si riparavano; - Andando oltre, troviamo "Le Casermette”, edifici adibiti al ricovero dei soldati; - Il punto militare più vicino è l’Osservatorio con l’artiglieria nazista; - L'ultima tappa è il rifugio di Pozzacone, base logistica costruita sul fronte.

Il Castagneto “monumentale” di Terelle Premessa Lungo il versante orientale del Monte Cairo, a circa mille metri di altitudine, poco più in basso del paese di Terelle, si estendono rigogliosi boschi di castagni, per lo più privati, dove ogni anno le famiglie dei proprietari provvedono alla raccolta dei gustosi frutti autunnali contraddistinti dal marchio DOP. Si tratta di un castagneto secolare, definito a ragione “monumentale” per la cospicua presenza di castagni ultracentenari, alti e maestosi che lo rendono senza ombra di dubbio uno tra i più belli del Lazio. Origini La coltivazione del castagno è presente nel comune di Terelle sin dai tempi antichi. Nei documenti originali del 1520, riguardanti l'argomento, si legge che si vendevano e si compravano in località "Castagnito" piante di ca­stagni. Esami compiuti da esperti, non molti anni addietro, ci parlano di piante di oltre settecento anni. Tra gli alberi ultrasecolari si può ammirare purtroppo solo il contorno del tronco di un castagno di cui, a causa di un accidentale incendio di pulizia, non resta che il ceppo con la circonferenza di ben dodici metri. Numerosi sono, invece, gli esemplari di castagni secolari, stima effettuata in base alle dimensioni degli alberi: alcuni arrivano anche a sedici metri di circonferenza. Dai racconti degli anziani di Terelle si comprende come la diffusione del castagno sia molto antico ed ha coinciso con lo sviluppo demografico del paese (1350 circa). Nel periodo autunnale e invernale, le castagne, definite tradizionalmente “il pane dei poveri”, rappresentavano una componente fondamentale dell’alimentazione contadina della gente dell’epoca che, viste le avverse condizioni pedoclimatiche (latitudine, altitudine, terreno e clima) della zona per la coltivazione di specie erbacee, si orientò verso la messa a dimora di castagneti da frutto per utilizzarne la farina con cui fare il pane sostituendo così il grano. Se le castagne furono un alimento base nell’alimentazione contadina, a maggior ragione divennero indispensabili nell’alimentazione dei poveri, di coloro che, spesso e volentieri, riuscivano a sopravvivere nei periodi invernali avendo la sola possibilità di raccogliere gli avanzi dei frutti nei castagneti privati o sotto gli alberi non potati o non innestati contribuendo a mantenere puliti dai ricci i frutteti. Caratteristiche Il clima e la fitta vegetazione boschiva hanno permesso alla castagna di trovare un habitat naturale con pochi eguali. Le piante presentano generalmente un'impalcatura molto alta, dalla quale si diparte un "candelabro" costituito da grosse branche eccessivamente verticali, a causa della estrema competizione per la ricerca della luce. I boschi si presentano in filari di piante grandi e piccole che sono sostituite man mano che vengono meno le precedenti. Tale fisionomia testimonia che l’impianto degli alberi non è stato occasionale. La castagna si presenta varia a seconda dell'ecotipo. Ne esistono tre varietà, probabilmente in dipendenza dalla diversa epoca di introduzione delle piante e dalla loro diversa provenienza. Ci sono le Primizie o Primutiche, di colore marrone chiaro, sono le prime a cadere e si possono trovare già a metà settembre. Ci sono poi le Conche o le Pizzutelle, rossicce, hanno una forma particolare perché presentano una leggerissima rientranza laterale ed una punta “pizzuta”. Abbiamo, infine, le Peloselle, di colore marrone cupo che hanno una leggera peluria sulla punta. La pezzatura va da piccola (Pelosella e Pizzutella) a grande (Primutica). Il sapore è dolciastro più o meno intenso. Ancora oggi le metodiche di raccolta, lavorazione e conservazione del frutto rispettano i tempi e i modi della tradizione storica.