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DANTE RACCONTA L'AFFRESCO DELLA CAPPELLA DEL ROSARIO del duomO di montagnana

Introduzione

Pegaso alato con codaserpentiforme e la nave degli argonauti

Ercole

Eclissi parziale di sole del 15 agosto del 1300,costellazioni della Vergine e del Leone

Il dragone, le orse e la stella a 8 punte

Conclusioni

Testo integrale della guida

Introduzione Nel mio poema didascalico-allegorico "La Divina Commedia" faccio numerosi riferimenti alle stelle e alla loro disposizione nel cielo. In particolare, nel canto ventunesimo del Paradiso descrivo la costellazione dell'Ariete e spiego il suo significato simbolico. Secondo me, l'Ariete rappresenta la primavera e la rinascita della natura dopo l'inverno. Inoltre, l'Ariete è associato all'immagine del sacrificio dell'agnello, che simboleggia il sacrificio di Cristo per la salvezza dell'umanità. In generale, utilizzo le stelle come simboli per rappresentare concetti e idee filosofiche e teologiche. Ad esempio, la stella del mattino, che appare all'alba, rappresenta la speranza e la rinascita, mentre la stella della sera, che appare al tramonto, rappresenta la nostalgia e il ricordo del passato. Utilizzo inoltre la disposizione delle stelle per rappresentare il movimento dell'universo e la sua armonia divina. Nel canto ventisettesimo del Paradiso, descrivo la gerarchia celeste delle stelle e dei pianeti, e come la loro disposizione rifletta l'ordine divino del cosmo. Vorrei oggi guidarvi alla scoperta dell’affresco astronomico della cappella mitologica del duomo di Montagnana. So che non conoscete l’autore di questo affresco, né il committente, né il nome dell’astronomo coinvolto nel progetto iconografico. Io posso aiutarvi a interpretare l’affresco, svelando alcuni suoi misteri. Ho iniziato il viaggio nella Divina Commedia il 25 marzo del 1300 quando avevo 35 anni ed ero a metà del percorso della mia vita. Il 15 agosto del medesimo anno ero priore e si è verificata un'eclissi parziale di sole. Le stelle in questo affresco sono disposte esattamente come erano nel 1300. Illuminati astrologi moderni con calcoli e strumenti moderni possono dimostrarlo. Il mio sguardo era rivolto al cielo quel giorno. Spero che oggi i fedeli così come i turisti che entrano nel duomo di Montagnana possano guardare l’affresco astronomico con i miei occhi ascoltando con attenzione le mie parole.

IL DRAGONE Al centro troviamo il sinuoso dragone, entro le cui spire sono collocate l’orsa maggiore, l'orsa minore e una grossa stella a 8 punte. L' orsa rovesciata, avvinghiata dal dragone nelle sue spire, rappresenta presumibilmente il male, secondo le intenzioni dell'artista. Io parlo del drago nell’ Inferno, canto venticinquesimo, dal verso 22 al 24. “Sovra le spalle, dietro da la coppa, con l'ali aperte li giacea un draco; e quello affuoca qualunque s'intoppa.”. Questo che vedete nel duomo di Montagnana è il Drago che si trova sull'asse dei Nodi Lunari, che unisce i due punti nodali in cui si incontrano i piani dell'orbita lunare con quella solare, fra le due costellazioni opposte Acquario/Leone. Lo possiamo vedere come un guardiano, spesso viene rappresentato così infatti il drago, mentre avvinghia nelle sue spire le due Orse. Ho studiato a lungo astrologia classica, Tolomeo e Albumasar in particolare. Ho dimostrato di conoscere bene astrologia, ho parlato delle costellazioni delle Orse e dei Gemelli, ma non credo alle Stelle. Secondo Tolomeo e Albumasar il Drago è il padrone del nostro destino, alla sua testa e alla sua coda vengono imputate circostanze malefiche e benefiche in cui l'uomo potrebbe incorrere in vita. Concordo con Tommaso d'Aquino: " le stelle inclinano ma non determinano". Nel Purgatorio illustro vie di riscatto e di salvezza, a tutti noi vengono offerte delle possibilità di scelta nel corso della nostra vita. Quando si parla di vita e di destino dobbiamo fermarci a fare una riflessione. Tutti i dannati e beati che ho descritto hanno un destino che ha origine dalla storia umana e personale di vita del mondo terreno. ORSA MAGGIORE E ORSA MINORE Ho parlato delle Orse nei canti II e XXXI del Paradiso dal mio poema “Divina Commedia": “L'acqua ch'io prendo già mai non si corse; Minerva spira, e conducemi Appollo, e nove Muse mi dimostran l'Orse”. L’ orsa maggiore è colei che mi mostra la via, così da riuscire a percorrere le acque non ancora percorse da nessuno, è sempre visibile anche per i Barbari che arrivano da settentrione. Nel canto tredicesimo del paradiso (versi da 10 a 12) ho fatto riferimento all'Orsa Minore, descritta come un corno che ha per bocca le due stelle più basse e la cui punta coincide con la Stella Polare. Ho descritto il Gran Carro con la frase “alla quale tutte le altre stelle e i vari cieli sembrano ruotare attorno…”, L’antico nome dell’orsa è Elice (anche detta Calisto), in passato fu una ninfa che attrasse Zeus, con cui ebbe un figlio Arcas (l’orsa minore). Era, moglie di Zeus, scoprì il tradimento e trasformò la ninfa Callisto in un' orsa. Anni dopo, mentre Arcas stava cacciando, Era si assicurò che Calisto incontrasse suo figlio. Arcas non riconoscendo la madre quasi la uccise, ma Zeus intervenne posizionando Calisto nei cieli chiamandola Orsa Maggiore, assicurandosi che più tardi il figlio la raggiungesse come Orsa Minore. LA STELLA A 8 PUNTE Secondo l’astronomia la stella a otto punte, chiamata anche La Stella del Mattino, in realtà non è una stella ma il pianeta Venere. Uno dei motivi per cui la stella a 8 punte rappresenta Venere è che il pianeta ha un ciclo di 8 anni, in quanto 8 anni terrestri corrispondono a 13 anni venusiani. Astronomicamente, ogni otto anni Venere si trova al punto più vicino alla Terra; in tali giorni, Venere, può essere vista sia al mattino sia alla sera, nello stesso giorno. La stella a otto punte simboleggia, secondo il mio punto di vista, la perfezione e l'armonia divina.

Cari visitatori, questo affresco rappresenta tramite l’Eclissi l’unione tra il divino e l’umano in campo astronomico, astrologico, esoterico e alchemico. Potete notare le costellazioni del Leone e della Vergine a sinistra, mentre a destra osservate Ercole con la clava. Il Leone Cari visitatori, questo affresco rappresenta l’Eclissi, riguarda l’unione tra il Divino e l’Umano in campo astronomico, astrologico, esoterico e alchemico. Come potete vedere, l’affresco è diviso in diverse parti: al centro l’Eclissi, costellazione del Leone e della Vergine, mentre a destra Ercole. Altri elementi sono il Sole e la Luna che, congiunti in Leone, si sono sposati con la benedizione di Mercurio e Saturno. Il Leone ha una coda dritta e obliqua e la colorazione della pelliccia è grigia. Il Leone è posizionato di 90 gradi a faccia in su, accanto ai fianchi del leone potete osservare due grosse sfere che dovrebbero essere il sole e la luna. La Vergine Sotto il Leone c’è una Vergine con le ali da angelo. La donna tiene in mano delle spighe di grano. Ha avuto diversi nomi nella letteratura: Astrea, Demetra, Cibele, Persefone, Esostre. Ella è raffigurata come la fertilità e la purezza della grande madre. La Vergine porta un abito con maniche strette, gonfie alle spalle, scollatura dritta e ampia del corpetto, tessuto rimboccato (tipico della seconda metà del quattrocento). Nel ventre della Vergine si accende l’amore e nell’eterna pace è germinato un fiore. La costellazione della Vergine è la più grande e più antica delle altre costellazioni. E’ sempre raffigurata come figura alata che fa brillare nella sua mano la spiga di grano, stella più brillante della sua costellazione. Per i tanti nomi che le sono stati dati, lei raffigura la fertilità e la purezza della Grande Madre. La costellazione della Vergine domina il Paradiso Terrestre, il luogo più verginale, l’alba del mondo, che ho descritto nel ventinovesimo canto, nell’Inno alla Creazione dell’Universo. Le due braccia della Virgo si alzano al cielo a formare VIVIT, le due V dell’Evviva. Nella mia opera della Divina Commedia non ho mai fatto riferimento specifico alla Vergine. La cantica del Paradiso e l'Eclissi Nel canto ventiquattresimo del Paradiso, ho parlato della visione della beatitudine celeste con la luce di Pietro. In sostanza ho parlato della visione di Dio attraverso la luce che emana. Ho descritto una figura di luce forte, confrontabile con quella del Sole, durante l’Eclissi, quando la Luna oscura la Luce. Dal verso 34-esimo del canto ventiquattresimo del Paradiso: Ed ella: "O luce etterna del gran viroa cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,ch'ei portò giù, di questo gaudio miro." Dal verso 88-esimo del canto ventiquattresimo del Paradiso: "Appresso uscì de la luce profondache lì splendeva: "Questa cara gioiasopra la quale ogne virtù si fonda, onde ti venne?". Per me l'eclissi solare è una esperienza, e nel contempo della luce e dell’oscurità.

ARGO Continuiamo ad osservare la cappella mitologica del Duomo di Montagnana. Guardiamo con attenzione le parti dell' affresco che rappresentano le leggende della mitologia greca. La mia attenzione è catturata da un particolare dettaglio: la nave degli argonauti e il Pegaso alato con la coda serpentiforme. Riconosco subito questi simboli, perché sono presenti nella mia Divina Commedia. Il mare e il navigare sono temi ricorrenti nella Commedia. La nave degli argonauti, che ho citato nel primo canto del purgatorio, rappresenta il tema dell'avventura e del viaggio. La "navicella" (Purgatorio, canto primo, versi 1-3) è una metafora per indicare l'ingegno del poeta pronto a mettersi per mare, ovvero affrontare un nuovo argomento dopo le fatiche dell' Inferno. "Per correr miglior acque alza le veleomai la navicella del mio ingegno,che lascia dietro a sé mar sì crudele; " Gli argonauti sono un gruppo di eroi greci che partirono alla ricerca del Vello d'Oro, una pelliccia di un ariete che aveva il potere di conferire ricchezza e prosperità a chi la possedeva. Nella Divina Commedia ho menzionato gli Argonauti nel Canto dodicesimo del Purgatorio, quando ho descritto il sentiero che conduce alla vetta del monte del Purgatorio. In questo canto, l'Argonauta greco Cino da Pistoia spiega a uno dei pellegrini del Purgatorio come gli argonauti navigarono lungo il Mar Nero alla ricerca del Vello d'Oro, superando diverse difficoltà e affrontando avventure straordinarie. Nella mia visione del Paradiso, ho descritto come l'anima umana possa raggiungere la beatitudine solo attraverso un viaggio spirituale che richiede un forte impegno e un costante sforzo per migliorare sè stessi. Nel canto trentatreesimo del Paradiso, ecco Argo, la prima nave, il cui passaggio sulle onde oscura per un attimo gli abissi creando stupore nel dio del mare Nettuno: "Un solo punto m’è maggior letargoche venticinque secoli a la ‘mpresache fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo." PEGASO Ho menzionato Pegaso nel Canto I del Paradiso. Pegaso è descritto come un cavallo alato che trasporta il poeta e la sua guida spirituale, Beatrice, verso il cielo. La sua figura simboleggia la bellezza e la grazia del mondo celeste, il suo volo rappresenta la possibilità per l'anima umana di elevarsi sopra le cose terrene e raggiungere la sfera divina. La descrizione di Pegaso nella Divina Commedia è stata influenzata dalla mitologia classica, in cui Pegaso è un animale sacro al dio greco Zeus e associato alla poesia e all'immortalità. Inoltre, nella mia visione, Pegaso rappresenta l'intelletto, la conoscenza e l'ispirazione divina, che guida il poeta verso la comprensione dei misteri del cielo. Nel Paradiso, canto diciottesimo, cito il termine "Pegasea". Il fonte pegaseo era la sorgente scaturita per il calcio di Pegaso, cavallo alato, nel monte Elicona. L’equino aveva avuto delle "maestre" d’eccezione, le muse stesse, l’acqua di quella fonte ispirava poesia a coloro che vi si recavano per dissetarsi. "O diva Pegasëa che li 'ngegnifai glorïosi e rendili longevi,ed essi teco le cittadi e ' regni, illustrami di te, sì ch'io rilevile lor figure com'io l' ho concette:paia tua possa in questi versi brevi!"

Clicca qui per ascoltare l'introduzione di Dante Introduzione Nel mio poema didascalico-allegorico "La Divina Commedia" faccio numerosi riferimenti alle stelle e alla loro disposizione nel cielo. In particolare, nel canto ventunesimo del Paradiso descrivo la costellazione dell'Ariete e spiego il suo significato simbolico. Secondo me, l'Ariete rappresenta la primavera e la rinascita della natura dopo l'inverno. Inoltre, l'Ariete è associato all'immagine del sacrificio dell'agnello, che simboleggia il sacrificio di Cristo per la salvezza dell'umanità. In generale, utilizzo le stelle come simboli per rappresentare concetti e idee filosofiche e teologiche. Ad esempio, la stella del mattino, che appare all'alba, rappresenta la speranza e la rinascita, mentre la stella della sera, che appare al tramonto, rappresenta la nostalgia e il ricordo del passato. Utilizzo inoltre la disposizione delle stelle per rappresentare il movimento dell'universo e la sua armonia divina. Nel canto ventisettesimo del Paradiso, descrivo la gerarchia celeste delle stelle e dei pianeti, e come la loro disposizione rifletta l'ordine divino del cosmo. Vorrei oggi guidarvi alla scoperta dell’affresco astronomico della cappella mitologica del duomo di Montagnana. So che non conoscete l’autore di questo affresco, né il committente, né il nome dell’astronomo coinvolto nel progetto iconografico. Io posso aiutarvi a interpretare l’affresco, svelando alcuni suoi misteri. Ho iniziato il viaggio nella Divina Commedia il 25 marzo del 1300 quando avevo 35 anni ed ero a metà del percorso della mia vita. Il 15 agosto del medesimo anno ero priore e si è verificata un'eclissi parziale di sole. Le stelle in questo affresco sono disposte esattamente come erano nel 1300. Illuminati astrologi moderni con calcoli e strumenti moderni possono dimostrarlo. Il mio sguardo era rivolto al cielo quel giorno. Spero che oggi i fedeli così come i turisti che entrano nel duomo di Montagnana possano guardare l’affresco astronomico con i miei occhi ascoltando con attenzione le mie parole.

Ascolta l'audioguida ARGO Continuiamo ad osservare la cappella mitologica del Duomo di Montagnana. Guardiamo con attenzione le parti dell' affresco che rappresentano le leggende della mitologia greca. La mia attenzione è catturata da un particolare dettaglio: la nave degli argonauti e il Pegaso alato con la coda serpentiforme. Riconosco subito questi simboli, perché sono presenti nella mia Divina Commedia. Il mare e il navigare sono temi ricorrenti nella Commedia. La nave degli argonauti, che ho citato nel primo canto del purgatorio, rappresenta il tema dell'avventura e del viaggio. La "navicella" (Purgatorio, canto primo, versi 1-3) è una metafora per indicare l'ingegno del poeta pronto a mettersi per mare, ovvero affrontare un nuovo argomento dopo le fatiche dell' Inferno. "Per correr miglior acque alza le veleomai la navicella del mio ingegno,che lascia dietro a sé mar sì crudele; " Gli argonauti sono un gruppo di eroi greci che partirono alla ricerca del Vello d'Oro, una pelliccia di un ariete che aveva il potere di conferire ricchezza e prosperità a chi la possedeva. Nella Divina Commedia ho menzionato gli Argonauti nel Canto dodicesimo del Purgatorio, quando ho descritto il sentiero che conduce alla vetta del monte del Purgatorio. In questo canto, l'Argonauta greco Cino da Pistoia spiega a uno dei pellegrini del Purgatorio come gli argonauti navigarono lungo il Mar Nero alla ricerca del Vello d'Oro, superando diverse difficoltà e affrontando avventure straordinarie. Nella mia visione del Paradiso, ho descritto come l'anima umana possa raggiungere la beatitudine solo attraverso un viaggio spirituale che richiede un forte impegno e un costante sforzo per migliorare sè stessi. Nel canto trentatreesimo del Paradiso, ecco Argo, la prima nave, il cui passaggio sulle onde oscura per un attimo gli abissi creando stupore nel dio del mare Nettuno: "Un solo punto m’è maggior letargoche venticinque secoli a la ‘mpresache fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo." PEGASO Ho menzionato Pegaso nel Canto I del Paradiso. Pegaso è descritto come un cavallo alato che trasporta il poeta e la sua guida spirituale, Beatrice, verso il cielo. La sua figura simboleggia la bellezza e la grazia del mondo celeste, il suo volo rappresenta la possibilità per l'anima umana di elevarsi sopra le cose terrene e raggiungere la sfera divina. La descrizione di Pegaso nella Divina Commedia è stata influenzata dalla mitologia classica, in cui Pegaso è un animale sacro al dio greco Zeus e associato alla poesia e all'immortalità. Inoltre, nella mia visione, Pegaso rappresenta l'intelletto, la conoscenza e l'ispirazione divina, che guida il poeta verso la comprensione dei misteri del cielo. Nel Paradiso, canto diciottesimo, cito il termine "Pegasea". Il fonte pegaseo era la sorgente scaturita per il calcio di Pegaso, cavallo alato, nel monte Elicona. L’equino aveva avuto delle "maestre" d’eccezione, le muse stesse, l’acqua di quella fonte ispirava poesia a coloro che vi si recavano per dissetarsi. "O diva Pegasëa che li 'ngegnifai glorïosi e rendili longevi,ed essi teco le cittadi e ' regni, illustrami di te, sì ch'io rilevile lor figure com'io l' ho concette:paia tua possa in questi versi brevi!"

Ascolta l' audioguida Vi racconto chi è Ercole, una figura della mitologia romana che deriva dal mito greco di Eracle. E’ l’eroe-semidio, dotato di una forza eccezionale che affronta vittoriosamente fatiche sovrumane. E ’un eroe possente ma benefico, la maggior parte delle sue imprese consiste nella liberazione del mondo. Alla sua morte viene accolto tra gli dei, le sue fatiche diventeranno il simbolo dei sacrifici che l’esercizio della virtù richiede, la sua apoteosi (cioè la sua assunzione nell’ Olimpo tra gli dei). Per compiere le sue imprese Ercole deve affrontare le 12 fatiche. Viene accolto nell’ Olimpo tra gli dei, ove prende come sposa Ebe, la dea della giovinezza. Io lo cito varie volte nell' Inferno, spesso quale protagonista vittorioso di lotte con creature mostruose. Non ho menzionato Ercole nella mia Divina Commedia. Secondo alcune interpretazioni che sono state date dagli studiosi, Ercole potrebbe essere collocato tra i grandi spiriti che si trovano nel Limbo, insieme ad altre anime illustri, come il filosofo Aristotele e il poeta Omero, perchè non sono stati battezzati e quindi non possono accedere al Paradiso. Tuttavia, non sono puniti come dannati nelle altre zone dell'Inferno, ma vivono in una sorta di limbo eterno, senza sofferenze nè speranza di salvezza. Nel venticinquesimo canto dell'Inferno, dal verso 25, ho presentato la figura di Ercole dentro l'episodio dell'uccisione del centauro Caco. Lo mio maestro disse: "Questi è Caco,che, sotto 'l sasso di monte Aventino,di sangue fece spesse volte laco. Non va co' suoi fratei per un cammino,per lo furto che frodolente fecedel grande armento ch'elli ebbe a vicino; onde cessar le sue opere biecesotto la mazza d'Ercule, che forsegliene diè cento, e non sentì le diece".

Clicca qui per ascoltare IL DRAGONE Al centro troviamo il sinuoso dragone, entro le cui spire sono collocate l’orsa maggiore, l'orsa minore e una grossa stella a 8 punte. L' orsa rovesciata, avvinghiata dal dragone nelle sue spire, rappresenta presumibilmente il male, secondo le intenzioni dell'artista. Io parlo del drago nell’ Inferno, canto venticinquesimo, dal verso 22 al 24. “Sovra le spalle, dietro da la coppa, con l'ali aperte li giacea un draco; e quello affuoca qualunque s'intoppa.”. Questo che vedete nel duomo di Montagnana è il Drago che si trova sull'asse dei Nodi Lunari, che unisce i due punti nodali in cui si incontrano i piani dell'orbita lunare con quella solare, fra le due costellazioni opposte Acquario/Leone. Lo possiamo vedere come un guardiano, spesso viene rappresentato così infatti il drago, mentre avvinghia nelle sue spire le due Orse. Ho studiato a lungo astrologia classica, Tolomeo e Albumasar in particolare. Ho dimostrato di conoscere bene astrologia, ho parlato delle costellazioni delle Orse e dei Gemelli, ma non credo alle Stelle. Secondo Tolomeo e Albumasar il Drago è il padrone del nostro destino, alla sua testa e alla sua coda vengono imputate circostanze malefiche e benefiche in cui l'uomo potrebbe incorrere in vita. Concordo con Tommaso d'Aquino: " le stelle inclinano ma non determinano". Nel Purgatorio illustro vie di riscatto e di salvezza, a tutti noi vengono offerte delle possibilità di scelta nel corso della nostra vita. Quando si parla di vita e di destino dobbiamo fermarci a fare una riflessione. Tutti i dannati e beati che ho descritto hanno un destino che ha origine dalla storia umana e personale di vita del mondo terreno. ORSA MAGGIORE E ORSA MINORE Ho parlato delle Orse nei canti II e XXXI del Paradiso dal mio poema “Divina Commedia": “L'acqua ch'io prendo già mai non si corse; Minerva spira, e conducemi Appollo, e nove Muse mi dimostran l'Orse”. L’ orsa maggiore è colei che mi mostra la via, così da riuscire a percorrere le acque non ancora percorse da nessuno, è sempre visibile anche per i Barbari che arrivano da settentrione. Nel canto tredicesimo del paradiso (versi da 10 a 12) ho fatto riferimento all'Orsa Minore, descritta come un corno che ha per bocca le due stelle più basse e la cui punta coincide con la Stella Polare. Ho descritto il Gran Carro con la frase “alla quale tutte le altre stelle e i vari cieli sembrano ruotare attorno…”, L’antico nome dell’orsa è Elice (anche detta Calisto), in passato fu una ninfa che attrasse Zeus, con cui ebbe un figlio Arcas (l’orsa minore). Era, moglie di Zeus, scoprì il tradimento e trasformò la ninfa Callisto in un' orsa. Anni dopo, mentre Arcas stava cacciando, Era si assicurò che Calisto incontrasse suo figlio. Arcas non riconoscendo la madre quasi la uccise, ma Zeus intervenne posizionando Calisto nei cieli chiamandola Orsa Maggiore, assicurandosi che più tardi il figlio la raggiungesse come Orsa Minore. LA STELLA A 8 PUNTE Secondo l’astronomia la stella a otto punte, chiamata anche La Stella del Mattino, in realtà non è una stella ma il pianeta Venere. Uno dei motivi per cui la stella a 8 punte rappresenta Venere è che il pianeta ha un ciclo di 8 anni, in quanto 8 anni terrestri corrispondono a 13 anni venusiani. Astronomicamente, ogni otto anni Venere si trova al punto più vicino alla Terra; in tali giorni, Venere, può essere vista sia al mattino sia alla sera, nello stesso giorno. La stella a otto punte simboleggia, secondo il mio punto di vista, la perfezione e l'armonia divina.

Ascolta l'audioguida Cari visitatori, questo affresco rappresenta tramite l’Eclissi l’unione tra il divino e l’umano in campo astronomico, astrologico, esoterico e alchemico. Potete notare le costellazioni del Leone e della Vergine a sinistra, mentre a destra osservate Ercole con la clava. Il Leone Cari visitatori, questo affresco rappresenta l’Eclissi, riguarda l’unione tra il Divino e l’Umano in campo astronomico, astrologico, esoterico e alchemico. Come potete vedere, l’affresco è diviso in diverse parti: al centro l’Eclissi, costellazione del Leone e della Vergine, mentre a destra Ercole. Altri elementi sono il Sole e la Luna che, congiunti in Leone, si sono sposati con la benedizione di Mercurio e Saturno. Il Leone ha una coda dritta e obliqua e la colorazione della pelliccia è grigia. Il Leone è posizionato di 90 gradi a faccia in su, accanto ai fianchi del leone potete osservare due grosse sfere che dovrebbero essere il sole e la luna. La Vergine Sotto il Leone c’è una Vergine con le ali da angelo. La donna tiene in mano delle spighe di grano. Ha avuto diversi nomi nella letteratura: Astrea, Demetra, Cibele, Persefone, Esostre. Ella è raffigurata come la fertilità e la purezza della grande madre. La Vergine porta un abito con maniche strette, gonfie alle spalle, scollatura dritta e ampia del corpetto, tessuto rimboccato (tipico della seconda metà del quattrocento). Nel ventre della Vergine si accende l’amore e nell’eterna pace è germinato un fiore. La costellazione della Vergine è la più grande e più antica delle altre costellazioni. E’ sempre raffigurata come figura alata che fa brillare nella sua mano la spiga di grano, stella più brillante della sua costellazione. Per i tanti nomi che le sono stati dati, lei raffigura la fertilità e la purezza della Grande Madre. La costellazione della Vergine domina il Paradiso Terrestre, il luogo più verginale, l’alba del mondo, che ho descritto nel ventinovesimo canto, nell’Inno alla Creazione dell’Universo. Le due braccia della Virgo si alzano al cielo a formare VIVIT, le due V dell’Evviva. Nella mia opera della Divina Commedia non ho mai fatto riferimento specifico alla Vergine. La cantica del Paradiso e l'Eclissi Nel canto ventiquattresimo del Paradiso, ho parlato della visione della beatitudine celeste con la luce di Pietro. In sostanza ho parlato della visione di Dio attraverso la luce che emana. Ho descritto una figura di luce forte, confrontabile con quella del Sole, durante l’Eclissi, quando la Luna oscura la Luce. Dal verso 34-esimo del canto ventiquattresimo del Paradiso: Ed ella: "O luce etterna del gran viroa cui Nostro Segnor lasciò le chiavi,ch'ei portò giù, di questo gaudio miro." Dal verso 88-esimo del canto ventiquattresimo del Paradiso: "Appresso uscì de la luce profondache lì splendeva: "Questa cara gioiasopra la quale ogne virtù si fonda, onde ti venne?". Per me l'eclissi solare è una esperienza, e nel contempo della luce e dell’oscurità.

Ascolta la conclusione di Dante Questo affresco stellato ci ricorda che pur essendo noi in terra nell’aldiquà, viviamo nel corso della vita nel nostro cuore inferni, purgatori e paradisi, intrecciando l’aldiquà con l’aldilà. Ho concluso l’Inferno della Divina Commedia con la parola “stelle”, poiché le stelle per me sono il naturale destino dell'uomo e della sua voglia di conoscenza, tramite il suo sforzo a salire a guardare verso l'alto. "Puro e disposto a salire a le stelle" (Purgatorio, canto XXXIII, verso 144) è l'ultimo verso del Purgatorio della Divina Commedia. Il Paradiso si chiude infine con l'immagine delle stelle e di me che vengo avvolto nell'immagine stessa che sto guardando. Spero ti sia piaciuto fare con me un viaggio nel tempo. Ti aspetto di nuovo qui al duomo di Montagnana per ascoltare insieme alla messa del sabato sera musica di organo con 250 canne. Ascolta il madrigale