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La 3^A incontra grandi storie d'umanità.

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Giusti tra le nazioni

Storie di eroi che hanno rischiato la propria vita per salvare gli Ebrei

Yad Vashem

La definizione di "Giusto fra le Nazioni" va fatta risalire al Talmud, testo fondamentale della religione ebraica, incui è scritto "Chi salva una vita, salva il mondo intero"Lo Yad Vashem è il Museo della memoria della Shoah di Gerusalemme nel quale, prima che lo spazio ne diventasse completamente pieno, per ogni nuovo Giusto riconosciuto veniva piantato un albero.I Giusti riconosciuti da Yad Vashem sono oltre 27mila. Di questi più di 700 sono italiani. Si tratta di riconoscimenti individuali, assegnati sulla base della testimonianza dei sopravvissuti, di testimoni oculari o di documenti attendibili.

Progetto "Cartoline"

Lo scorso anno la nostra classe ha partecipato al progetto "Cartoline" in collaborazione con il Museo Yad Vashem.Abbiamo scelto di lavorare sulla storia di due Giusti: Pietro e Giuliana Lestini, da rappresentare in una cartolina, che poi è stata pubblicata.

Pietro e Giuliana Lestini

L’ingegner Pietro Lestini e sua figlia Giuliana, studentessa, permisero, con la loro opera, la salvezza di una trentina di persone, tra ricercati politici, militari ed Ebrei. Crearono la S.A.S.G (Sezione Aerea S.Gioacchino) insieme al Parroco Don Antonio Dressino e a Suor Margherita Bernés (anch’essi Giusti); organizzarono un rifugio nel sottotetto della Chiesa di S.Gioacchino, nel quartiere Prati di Roma, proprio dietro al rosone della facciata. I rifugiati erano stati nascosti nel teatrino parrocchiale ma poi, a partire dal 3 novembre 1943, furono spostati tra la volta a botte e il tetto in uno spazio che, per sfuggire alle perquisizioni, venne murato fino alla Liberazione di Roma (4 giugno 1944). L’unico mezzo di contatto rimase, per i rifugiati, il rosone, che veniva aperto solo di notte. L’ambiente venne organizzato con tutto il necessario per una dignitosa permanenza; naturalmente, durante il giorno, quando la Chiesa era frequentata, era assolutamente necessario il massimo silenzio. I Lestini provvedevano a tutto, anche ad uno scambio epistolare dei rifugiati con l’esterno; sulle pareti sono ancora visibili alcuni disegni degli “ospiti artisti”.

I nostri Giusti

Quest’anno abbiamo portato avanti il lavoro sui Giusti; ci siamo divisi in gruppi e abbiamo lavorato su alcune cartoline delle altre classi che avevano partecipato al progetto, cercando notizie ed informazioni su queste persone. Abbiamo realizzato dei video per raccontare la loro storia e poi abbiamo cercato di rispondere ad alcune domande sulla loro straordinaria esperienza.

Innanzitutto, chi sono?

Janusz Korczack era...

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Francesco Tirelli era...

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Carlo Angela.

Carlo Angela

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Ci siamo posti delle domande...

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto?2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè?3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo?4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana?5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

...e, dopo aver cercato le informazioni, abbiamo risposto

1) Carlo Angela fu un medico psichiatra durante il periodo fascista che per salvare molte vite dai campi di concentramento falsificò delle cartelle mediche rischiando anche la vita perché sospetto. Grazie alla sua generosità salvò la vita a moltissimi ebrei pur essendo dei perfetti sconosciuti. 2) All’interno dell’ospedale Carlo Angela avviò il proprio capolavoro di solidarietà umana e di resistenza civile, salvando molte persone dalla deportazione nei campi di concentramento. Il professore, insieme a pochi compagni, soccorse numerosi antifascisti, disertori e soprattutto Ebrei. Stilò diagnosi errate e manipolò cartelle cliniche, trasformando Ebrei in "ariani" e persone sane in pazienti psichiatrici. Nella sua opera di soccorso agli Ebrei Angela fu aiutato dal suo vice Brun, dalla madre Tecla e dagli infermieri Fiore De Stefanis, Carlo e Sante Simionato. Sospettato dalla polizia fascista, Angela fu convocato e interrogato a Torino e rischiò anche la fucilazione durante una rappresaglia.3) Carlo Angela ha deciso di aiutare gli Ebrei perché credeva nei valori della democrazia, del rispetto della dignità umana e dell’uguaglianza dei diritti di tutti gli esseri umani; rischiando personalmente, fece di tutto per evitare loro l'arresto, la deportazione e, quindi, un triste destino nei campi di sterminio. 4) Anche nel Canavese, dopo le leggi razziali del 1938, gli Ebrei avevano perso tutti i diritti civili e furono schedati dalle pubbliche autorità; nel '43, con l'occupazione nazista, dovettero cercare di procurarsi false identità e nascondersi, in quanto ricercati, per evitare l'arresto e la deportazione. L'aiuto di chi ha deciso di nasconderli, rischiano la propria vita, fu indispensabile per la loro salvezza.(./..)

Le domande

Carlo Angela

Carlo Angela.

Carlo Angela

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

5) Fra i salvati dal dott.Angela si annoverano l’avvocato Massimo Ottolenghi con il figlio e la moglie; la famiglia Fitz; il capitano Dogliotti; l’aristocratico Revelli di Beaumont e Renzo e Nella Segre. Le condizioni indispensabili per riconoscere un «giusto» sono tre: aver salvato ebrei, averli salvati sotto la minaccia di un grave pericolo per la propria vita, non aver mai percepito alcun compenso. Le azioni compiute da Angela rimasero sconosciute per oltre mezzo secolo, a causa della discrezione della sua famiglia, e vennero alla luce soltanto nel 1995, quando Anna Segre decise di pubblicare il diario del padre Renzo, scritto durante il periodo in cui era scampato ai campi di sterminio, con la moglie Nella, nella clinica "Villa Turina Amione".Sulla base delle prove e delle testimonianze raccolte e che le erano o state presentate, il 29 agosto 2001 una commissione israeliana conferì al professor Angela l'onorificenza di "Giusto fra le Nazioni", inserendo il suo nome nel Giardino dei giusti di Yad Vashem di Gerusalemme;la cerimonia avvenne a San Maurizio Canavese il 25 aprile 2002.Dal 3 giugno 2000 una strada porta il nome di Carlo Angela a San Maurizio Canavese e una targa è stata apposta all'ingresso della clinica di fronte al Palazzo Comunale (foto a sinistra).

Le domande

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

1) Liuba e gli Ebrei salvati erano amici. 2) Teresa veniva sorvegliata e sottoposta a numerosi interrogatori riguardanti la famiglia che aveva ospitato. Tuttavia, ha saputo tenere testa, pur mentendo, ai poliziotti, per salvare la vita dei suoi amici. 3) Liuba decise di ospitare i suoi amici Campelung dopo la persecuzione degli Ebrei da parte dei fascisti. Non ha rivelato pubblicamente il perché, ma noi pensiamo che fu per la grande amicizia che li legava. 4) Non si sa esattamente la vita che facevano gli Ebrei ospitati a casa sua, ma si sa che facevano tutti una miserrima colazione nello scantinato quando vi era un pericolo vicino. I suoi amici ebrei non potevano mai lasciare l’abitazione; Liuba pensava alla loro sopravvivenza. 5) Dopo la guerra, la famiglia Campelung ha fornito una testimonianza scritta che la loro sopravvivenza era dovuta al sacrificio di Liuba Scerbanenko che si era comportata da vera amica, rischiando la sua vita e quella della sua famiglia per aiutarli. I sopravvissuti hanno mantenuto contatti cordiali con la loro soccorritrice. Il 28 aprile 2002 Yad Vashem ha riconosciuto Liuba Bandini-Scerbanenco Giusto tra le Nazioni.

Teresa Bandini "Liuba"

Le domande

  1. Sì, erano amici.
  2. Liuba veniva sorvegliata e sottoposta a numerosi interrogatori riguardanti la famiglia che aveva ospitato. Tuttavia, ha saputo tenere testa, pur mentendo, ai poliziotti, per salvare la vita dei suoi amici.
  3. Liuba decise di ospitare i suoi amici Campelung dopo la persecuzione degli ebrei da parte dei fascisti. Non ha rivelato pubblicamente il perché abbia ospitato i Campelung, ma noi pensiamo che fu un gesto per la grande amicizia che avevano.
  4. Non si sa esattamente la vita precisa che seguivano gli ebrei ospitati a casa sua ma si sa che facevano tutti una miserrima colazione nello scantinato quando vi era un pericolo vicino. i suoi amici ebrei non potevano mai lasciare l’abitazione perchè Liuba procurava loro la sopravvivenza.
  5. Dopo la guerra, la famiglia Campelung ha fornito una testimonianza scritta che la loro sopravvivenza era dovuta al sacrificio di Liuba Scerbanenko che si era comportata da vera amica, rischiando la sua vita e quella della sua famiglia per aiutarli. I sopravvissuti hanno mantenuto contatti cordiali con il loro soccorritore. Il 28 aprile 2002 Yad Vashem ha riconosciuto Liuba Bandini-Scerbanenco Giusto tra le Nazioni.

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

1) Francesco Tirelli non conosceva coloro che aveva salvato, sono arrivati a lui grazie a dei suoi conoscenti e amici. La sua vita quotidiana è cambiata da quando ha cominciato ad aiutare gli Ebrei. 2) Prima del loro arrivo doveva gestire soltanto la sua famiglia e la sua gelateria; ma da quando sono arrivati gli Ebrei si è dovuto impegnare al massimo. Nei vari magazzini Tirelli forniva cibo e passaporti falsi che servivano per far andare gli Ebrei in altri paesi. Oltretutto correva il rischio che i soldati tedeschi lo scoprissero; in questo caso l’avrebbero portato nei campi di concentramento insieme ai rifugiati che proteggeva.3) I soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei perché erano amici o perché ritenevano giusto aiutarli. Ad esempio Francesco Tirelli, di fronte alla drammatica situazione della persecuzione degli Ebrei in Ungheria, decise di non voltarsi dall'altra parte e di aiutare alcune persone che erano state obbligate ad abbandonare i loro nascondigli nei pressi di Budapest. Sfortunatamente non si sà sempre il motivo per cui i soccorritori hanno deciso di salvare gli Ebrei. (./..)

Francesco Tirelli

Le domande

Francesco Tirelli era...

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

4) La vita quotidiana degli Ebrei nascosti era una vita essenzialmente di paura, pericolo e soprattutto di silenzio: al minimo rumore potevano essere scoperti e spediti nei campi. Anche la vita di coloro che li nascondevano era pericolosa perché, se tscoperti, sarebbbero stati arrestati o uccisi sul momento. La vita degli Ebrei nascosti era anche una vita di noia perché, non potendo fare rumore, anche un normale passatempo come la musica era da evitare assolutamente. Ciononostante questi ultimi cercarono di mantenere le loro tradizioni. Ad esempio, per la loro festa delle luci (festa della cultura ebraica, segno di speranza), alcuni accesero dell’olio dentro uno stampo di cioccolato. 5) Alla fine della guerra gli Ebrei che sopravvissero uscirono dai loro rifugi. A coloro che li aiutarono fu dato il riconoscimento di “Giusti tra le Nazioni” da parte di Yad Vashem. Il termine "Giusti fra le nazioni" è utilizzato per indicare i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista della Shoah. Nella fotografia accanto, è visibile la targa apposta accanto alla Gelateria Tirelli a Budapest.

Le domande

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

1) Giorgio Perlasca non conosceva personalmente gli Ebrei che aiutò durante la Seconda Guerra Mondiale; il rapporto tra lui e gli Ebrei che ha aiutato durante la Seconda Guerra Mondiale era di protezione e salvataggio. Perlasca ha agito per aiutarli senza conoscerli personalmente, mettendo a rischio la sua vita per salvare quella degli altri. 2)Nell'ottobre del 1944, quando iniziarono le persecuzioni sistematiche, la violenza e le deportazioni dei cittadini di religione ebraica, Giorgio Perlasca con uno stratagemma, sfuggì al controllo sugli internati e si nascose prima presso conoscenti, poi nell'Ambasciata spagnola. Qui iniziò a collaborare con l'Ambasciatore Sanz Briz, che aveva iniziato a rilasciare i salvacondotti per proteggere i cittadini ungheresi di religione ebraica. A fine novembre Sanz Briz dovette lasciare l’Ungheria poiché non riconosceva il nuovo governo filo nazista di Szalasi. Perlasca si presentò come sostituto dell'Ambasciatore spagnolo e resse pressoché da solo l'Ambasciata, con il rischio di essere scoperto dai nazisti, pressato dalla necessità reperire i viveri per gli Ebrei rifugiati nelle sue "case protette" lungo il Danubio. Riuscì ad evitare la loro deportazione fino all'arrivo dell'Armata Rossa, salvandone ben 5218. Fatto prigioniero dai sovietici e liberato dopo pochi giorni, riuscì a rientrare finalmente in Italia. 3)Giorgio Perlasca decise di aiutare gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale perché era profondamente contrario all'antisemitismo. Era un uomo che credeva nei valori di uguaglianza e giustizia, e agì in base a questi valori per proteggere gli Ebrei dalla deportazione e dalla morte. (./..)

Le domande

Giorgio Perlasca

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli Ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

4) Nel triennio 1938-41 furono promulgate in Ungheria le leggi razziali sul modello delle leggi di Norimberga; quando nel giugno 1941 l’Ungheria entrò in guerra alleata alla Germania, le condizioni degli Ebrei peggiorarono notevolmente. Nel '44 iniziarono i rastrellamenti casa per casa degli Ebrei di Budapest. Molti vennero impegnati in lavori disumani in città, altri organizzati in “Battaglioni di lavoro” e mandati in Germania, a piedi,al freddo e senza cibo. Chi non resisteva veniva ucciso. Altri furono inviati nei campi di sterminio, altri uccisi e gettati nel Danubio, altri concentrati nel Ghetto a morire di stenti. Perlasca nasconde migliaia di Ebrei ungheresi nelle "case protette" lungo il Danubio; utilizzando una vecchia legge del '24, che assegnava la cittadinanza spagnola gli Ebrei sefarditi ( di antica origine spagnola), riuscì a portarne in salvo 5218.5) Grazie ad alcune donne ebree ungheresi, ragazzine all’epoca delle persecuzioni, che attraverso il giornale della comunità ebraica di Budapest ricercano notizie del diplomatico spagnolo che durante la seconda guerra mondiale le aveva salvate, la vicenda di Giorgio Perlasca esce dal silenzio negli anni '80. Le testimonianze dei salvati sono numerose, arrivano i giornali, le televisioni, i libri, e lo stesso Perlasca si reca nelle scuole per raccontare quel che aveva compiuto. Il 23 settembre 1989 fu insignito da Israele del riconoscimento di "Giusto tra le Nazioni". Al museo Yad Vashem di Gerusalemme, nel vialetto dietro al memoriale dei bambini è stato piantato un albero a lui intitolato.Giorgio Perlasca è morto il 15 agosto del 1992. È sepolto nel cimitero di Maserà a pochi chilometri da Padova. Ha voluto essere sepolto nella terra con al fianco delle date un’unica frase: “Giusto tra le Nazioni”, in ebraico.

Le domande

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1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

1) Gino Bartali non conosceva gli Ebrei che salvava; è stata una sua scelta quella di aiutarli durante la guerra, portando a loro, attraverso la sua bici, documenti falsi che potessero aiutarli. Alcuni esempi di Ebrei che lui ha salvato possono essere Giulia Donati, Renzo Ventura, la famiglia Goldenberg. Con la sua azione, Bartali ha contribuito al salvataggio di 800 persone fra il settembre 1943 e il giugno 1944.2) Nel 1943, la vita quotidiana dello sportivo Gino Bartali cambiò notevolmente e iniziò per l’uomo una storia molto più importante ed impegnativa. Bartali era un devoto cattolico, ed era molto legato all'Arcivescovo di Firenze Dalla Costa (riconosciuto come Giusto tra le Nazioni nel 2012). Dopo l'occupazione tedesca in Italia, nel settembre 1943, Bartali giocò un ruolo molto importante nel salvataggio degli Ebrei da parte della Delegazione per l’assistenza agli immigrati (DELASEM), una rete clandestina, avviata dallo stesso Dalla Costa e dal rabbino Nathan Cassuto. Bartali, che per allenarsi percorreva grandi distanze, trasportava documenti falsi nel manubrio e nella sella della sua bicicletta, e poi li consegnava alle famiglie dei perseguitati tra Firenze e Assisi. Quando veniva fermato e perquisito, chiedeva espressamente che la bicicletta non venisse toccata, giustificandosi dicendo che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate per ottenere la massima velocità. Il rischio di essere scoperto e di venire ucciso era molto alto ma si faceva coraggio e continuava la sua impresa, pensando ai partigiani che rischiavano loro stessi la vita per liberare l’Italia e alle persone che avrebbe salvato portando loro i nuovi documenti. 3) Non sempre sappiamo il motivo per il quale i soccorritori hanno deciso di aiutare gli ebrei ma alcune ipotesi possono essere: 1 insensatezza di quanto stava accadendo agli Ebrei in quanto non c'era una giustificazione per il loro sterminio di massa 2 responsabilità morale cioè una propria responsabilità di decidere se aiutare o meno una persona, in questo caso se farla vivere o morire.(./..)

Le domande

Gino Bartali

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

4) Gli Ebrei inizialmente vennero privati delle loro proprietà e del loro lavoro, i bambini vennero espulsi dalle scuole, avevano un coprifuoco, potevano accedere soltanto a determinate zone del paese, non potevano usare i mezzi pubblici, avevano cibo razionato e avevano accessi limitati ai negozi di beni primari. Le cose poi peggiorarono dopo l'8 settembre 1943; privati dei diritti civili, sottoposti ad arresti, violenze, incarcerati e deportati nei campi di concentramento, furono costretti a nascondersi per salvarsi con una falsa identità; per gli Ebrei ricevere aiuto dai soccorritori significava l'unica speranza di vita.5) Gino Bartali per la sua missione umanitaria, ricevette nel 2005 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, la medaglia d’oro al valore civile.Negli anni successivi sarebbero poi giunti riconoscimenti ancor più importanti: il 2 ottobre 2011 fu infatti inserito tra i “Giusti dell’Olocausto” nel Giardino dei Giusti del Mondo di Padova, mentre il 23 settembre 2013 venne dichiarato “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah.Il nome di Gino Bartali verrà eternamente ricordato da una stele sul monte Herzl nei pressi di Gerusalemme.Infine, il 2 maggio 2018, ricevette la nomina a cittadino onorario di Israele a un paio di giorni dall’inizio del Giro d’Italia proprio sulle strade della capitale.Sono diverse le testimonianze dell’opera di salvataggio di Bartali. Prima tra tutte quella di Giulia Donati, una donna fiorentina che dal 1974 viveva in Israele, a cui Gino consegnò personalmente i documenti falsificati che salvarono tutta la sua famiglia.Un altro testimone, Renzo Ventura, ha dichiarato che, durante l’occupazione nazista, sua madre Marcella Frankenthal Ventura aveva ricevuto documenti falsi dalle mani di Bartali, portati loro dal ciclista per conto della rete di Dalla Costa.Gino Bartali aiutò a salvare anche la famiglia Goldenberg, che il campione incontrò per la prima volta a Fiesole nel 1941. Shlomo, che allora aveva 9 anni, ricordava un incontro con il ciclista e suo cugino Armando Sizzi, amico dei Goldenberg. L’uomo ha mantenuto viva l’immagine di quel momento, anche perché Bartali gli regalò una bicicletta e una sua foto con dedica. Quando più tardi, dopo l'occupazione tedesca, i Goldenberg furono costretti a nascondersi, Bartali offrì loro rifugio in uno scantinato che possedeva in comproprietà con Sizzi.Dopo la guerra Bartali non parlò mai del suo lavoro clandestino durante l’occupazione tedesca, quindi molti dei suoi sforzi coraggiosi rimangono sconosciuti.

Le domande

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

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1) Palatucci non conosceva gli Ebrei che ha soccorso prima della guerra. 2) Riuscì ad aiutare gli Ebrei falsificando i documenti; apparentemente la sua vita non cambiò, dato che faceva già il Questore, ma il rischio che correva era enorme, visto che rappresentava lo Stato: agì con generosità e intelligenza, cercando di non farsi scoprire. 3) A Palatucci fu affidato il compito di schedare gli Ebrei, controllarne i dati anagrafici e proibirne eventuali contatti con gli ariani. I viaggi degli Ebrei verso le altre province italiane dovevano inoltre avere un visto di autorizzazione firmato da lui e fu proprio grazie al lavoro del Questore che fu possibile aiutare molti Ebrei a lasciare la città di Fiume per spostarsi verso altre località. 4) Gli Ebrei in quegli anni dovevano nascondersi e cercare rifugio per non farsi deportare nei campi e Palatucci, falsificando i documenti, ha salvato dalla deportazione cinquemila persone.5) Quando Palatucci fu informato che si sospettava di lui, gli consigliarono di mettersi in salvo, ma lui rifiutò perchè temeva di mettere in pericolo i dipendenti che avevano collaborato con lui. Fu arrestato a casa sua il 13 settembre 1944; deporato a Dachau, vi morì in seuito agli stenti e alle violenze due mesi prima della liberazione del campo.Fu proclamato Giusto da Israele già nel 1952; nel 1995 il Presidente della Repubblica Scalfaro gli conferì la medaglia d'oro al merito alla memoria.

Le domande

Giovanni Palatucci

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

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1) Korczak era caratterizzato da un enorme bisogno di donare amore, mentre nel riceverne si preoccupava ben poco. Ebreo di Varsavia, aveva fondato un orfanotrofio nel pieno centro del quartire ebraico per lui era una grande famiglia, di cui facevano parte collaboratrici, assistenti e molti bambini poveri che avevano perso i genitori. Janusz Korczak non aveva mai abbandonato i bambini, perché teneva molto a loro, mettendo sempre al primo posto i loro bisogni e lottando per loro, come si può leggere anche dai suoi scritti. 2) Prima della guerra aiutava già i bambini in difficoltà, infatti aveva fondato “la Casa dell’Orfano” a Varsavia, un istituto dove egli accoglieva i bambini poveri e senza famiglia, integrandoli in una piccola comunità molto avanzata nel sistema educativo. I ragazzi dell’istituto provavano l’accoglienza, il rispetto e una grande attenzione nei loro confronti. Erano membri attivi, chiamati per la partecipazione, la condivisione delle regole e la solidarietà. Purtroppo durante la “Grande deportazione” dal ghetto di Varsavia, i nazisti puntarono la loro attenzione sugli orfanotrofi, svuotando questi del tutto . Nonostante gli fosse stata offerta una via di scampo, Korczak scelse di accompagnare i suoi orfani al campo di sterminio, e questo gli costò la vita. 3) Janusz Korczak scelse di aiutare i bambini del suo orfanotrofio come aveva fatto per tutta la sua vita. Poiché lui aveva voluto sempre dedicarsi ai bambini, scelse di partire con loro quando vennero deportati al campo di Treblinka e morì durante il trasporto il 5 agosto 1942. 4) La maggior parte dei ghetti erano recintati e le persone che erano state obbligate a viverci non potevano uscire; all’inizio la loro vita era quasi normale, finché non iniziarono a mancare il cibo e lo spazio. Successivamente cominciarono i rastrellamenti per mandarli nei campi e, nonostante la loro vita quotidiana di miseria e paura, Korczak procurò loro il cibo al mercato nero e impiegò tutta la sua influenza per ottenere dall'esterno i fondi necessari ad assicurare la sopravvivenza dei bambini. Quando l'orfanatrofio venne trasferito nel vecchio Club dei commercianti, le condizioni di vita dei bambini peggiorarono.5) Yad Vashem a Gerusalemme, ha dedicato all'educatore ebreo polacco una piazza e un monumento opera dello scultore Boris Saktsier. L'imponente opera in bronzo (nella foto a sinistra) rappresenta il volto intristito dell'educatore ed una grande mano che abbraccia i "suoi" bambini in segno di protezione.

Le domande

Janusz Korczak

  1. Korczak era caratterizzato da un enorme bisogno di donare amore, mentre nel riceverne si preoccupava ben poco. Aveva fondato un orfanotrofio, che per lui era una grande famiglia, di cui ne facevano parte collaboratrici, assistenti e molti bambini poveri che avevano perso i genitori. Janusz Korczak non aveva mai abbandonato i bambini, perché teneva molto a loro, mettendo sempre al primo posto i loro bisogni e lottando per loro, come si può leggere anche dai suoi scritti.
  2. Korczak prima della guerra, aiutava già i bambini in difficoltà, infatti aveva fondato “la Casa dell’Orfano” a Varsavia, un istituto dove egli accoglieva i bambini poveri e senza famiglia, integrandoli in una piccola comunità molto avanzata nel sistema educativo. I ragazzi dell’istituto provavano l’accoglienza, il rispetto e una grande attenzione nei loro confronti. Erano membri attivi, chiamati per la partecipazione, la condivisione delle regole e la solidarietà. Purtroppo durante la “Grande deportazione” dal ghetto di Varsavia, i nazisti puntarono la loro attenzione agli orfanotrofi, svuotando questi del tutto . Nonostante gli fosse stata offerta una via discampo, Korczak scelse di accompagnare i suoi orfani al campo di sterminio, e questo gli costò la vita.
  3. Janusz Korczak sceglie di aiutare i bambini del suo orfanotrofio come ha fatto per tutta la sua vita. Perché lui si è voluto sempre dedicare ai bambini, sceglie di partire con loro quando vengono deportati al campo di Treblinka, muore durante il trasporto il 5 agosto 1942.
  4. La maggior parte dei ghetti erano recintati e le persone che erano state obbligate a viverci non potevano uscire; all’inizio la loro vita era quasi normale, finché non iniziarono a mancare il cibo e lo spazio. Successivamente cominciarono i rastrellamenti per mandarli nei campi, e nonostante la loro vita quotidiana di miseria e paura ci fu una rivolta di merce “illegale”, dove le persone riuscirono a procurarsi cibo, medicine e informazioni.
  5. Dopo la guerra agli ebrei salvati e ai loro soccorritori (persone non ebree di qualsiasi nazione) viene dato un titolo onorifico, cioè la medaglia d’onore e una volta ricevuta la medaglia si diventa “Giusti tra le Nazioni”. Chi viene riconosciuto Giusto tra le nazioni diventa cittadino onorario dello Stato di Israele e gli viene dedicata la piantumazione di un’ albero nel Giardino dei giusti, presso il museo Yad Vashem di Gerusalemme, che nella tradizione ebraica indica il desiderio di ricordo eterno. Ad oggi, sono stati riconosciuti oltre 20.000 Giusti tra le nazioni, tra cui 392 italiani.

1) Cosa abbiamo imparato sulla relazione prima della guerra tra il soccorritore e gli Ebrei salvati: si conoscevano? Se sì, qual era la natura del loro rapporto? 2) Come la decisione di aiutare gli Ebrei ha cambiato la vita quotidiana del soccorritore. Quali rischi ha preso su di sè? 3) Perché i soccorritori hanno deciso di aiutare gli Ebrei? Sappiamo sempre il motivo? 4) Cosa significava per gli ebrei ricevere aiuto: com’era la loro vita quotidiana? 5) Cosa accadde dopo la guerra agli Ebrei salvati e ai loro soccorritori? Perché sono chiamati “Giusti tra le Nazioni”?

Carlo Angela, un medico strategahttps://www.raiplay.it/programmi/carloangelaunmedicostratega

Per una serata di approfondimento:

Gino Bartali:l'intramontabilehttps://www.raiplay.it/programmi/ginobartalilintramontabile

Janusz Korczakhttps://www.youtube.com/watch?v=zGwnMgEx6b8&t=26s

Senza confini - Il Commissario Palatuccihttps://www.raiplay.it/programmi/senzaconfini-ilcommissariopalatucci

Perlasca - Un eroe italianohttps://www.raiplay.it/programmi/perlasca-uneroeitaliano

Il gelataioTirelli - Una straordinaria storia!https://www.youtube.com/watch?v=raAddRL6rjE

https://www.rainews.it/archivio-rainews/media/Gelataio-Francesco-Tirelli-Budapest-Giusto-tra-le-nazioni-e80cd0f6-c1c7-4d78-8b4e-cbacdad7bf86.html

L'albero e i sassi sono simboli del ricordo di una persona cara, ma l'albero è anche il simbolo del rinnovarsi della vita. "Chi salva una vita, salva il mondo intero": così si legge nel Talmud. E questa frase, unita all'immagine di un albero che continua a crescere, descrive al meglio chi ha permesso che tanti uomini, donne e bambini, destinati a morte quasi certa, potessero continuare a vivere e a generare nuova vita.

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