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Transcript

un mare di spazzatura

la MINACCIA DELLA PLASTICA

Lorenzo D'Orta IV ABIO

La plastica non esiste in natura, però deriva da materiali naturali: principalmente dal petrolio.Questi materiali vengono sottoposti a complessi procedimenti chimici che danno origine a piccole particelle che hanno la capacità di unirsi tra di loro. Pur essendo un materiale con proprietà chimico-fisiche eccellenti la sovrapproduzione e lo sbagliato smaltimento di quest'ultimo causano problemi non indifferenti all'ambiente.

COS'È LA PLASTICA?

la plastica nel mare

A livello mondiale, ogni anno finiscono negli oceani da 5 a 13 milioni di tonnellate di plastica, l' 80% dei rifiutimarini sono plastica. Quest'ultima impiega centinaia di anni per decomporsi. Per questo la ritroviamo in mezzo agli oceani, a formare gigantesche isole di rifiuti. Ogni anno milioni di animali vengono uccisi dalle plastiche: uccelli, pesci e altri organismi marini. Si sa che circa 700 specie, comprese quelle a rischio di estinzione, sono state in qualche modo colpite dalla plastica. Secondo Greenpeace, hanno mangiato plastica 9 uccelli marini su 10, 1 tartaruga marina su 3 e più di metà delle balene e dei delfini. Hanno ingerito plastica perfino i crostacei che vivono nella fossa delle Marianne del Pacifico, il punto più profondo degli oceani

Una volta che si trovano in mare, i rifiuti di plastica vengono degradati da luce del sole, vento e onde in piccole particelle spesso inferiori al mezzo centimetro di larghezza. Queste cosiddette microplastiche, diffuse attraverso tutta la colonna d’acqua, sono state trovate in ogni angolo del pianeta, dal Monte Everest, la cima più alta, alla Fossa delle Marianne, la depressione più profonda. Le microplastiche si degradano poi in pezzi sempre più piccoli. Nel frattempo le microfibre plastiche sono state trovate pure nei sistemi idrici cittadini che forniscono acqua potabile e fluttuano anche nell’aria.

le microplastiche

Le isole di plastica sono estese discariche di rifiuti galleggianti che si sono accumulati nel tempo nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Rifiuti di vario genere, ma specialmente frammenti microscopici di plastica che si trovano sia sulla superficie che nel fondo del mare. Sono le microplastiche che vanno a mescolarsi con il plancton, le particelle alla base di tutta la catena alimentare. Vengono, quindi, ingerite dai pesci, crostacei e altri animali risalendo la catena alimentare fino all’uomo. Non si conosce esattamente la sua estensione, ma secondo le stime va dai 700 mila km² fino a più di 10 milioni di km², per un totale di 3 milioni di tonnellate circa di rifiuti accumulati. Sono numeri impressionanti, si tratta, infatti, di uno dei più grandi simboli della crisi ambientale.

le isole di plastica

l Pacific trash vortex, noto anche come great Pacific garbage patch, in italiano grande chiazza di immondizia del Pacifico, è una regione di accumulo di rifiuti galleggianti situata nell'Oceano Pacifico

La crisi da inquinamento da plastica va affrontata considerando l’intero ciclo di vita del prodotto. Il primo passo è ridurre l’utilizzo delle plastiche, che sono sì utili, ma non sempre necessarie o non necessarie nella quantità usata oggi. La plastica va anche usata meglio, privilegiando dove possibile il riutilizzo dei prodotti, e vietando molti prodotti monouso, come accade già da alcuni mesi nell’Unione Europea. Solo dopo il riutilizzo viene il riciclo, e solo alla fine sono ammesse soluzioni come l’incenerimento e lo smaltimento in discarica. Il principio, applicabile a tutti i rifiuti, è dunque quello di favorire la cosiddetta economia circolare, nella quale gli scarti diventano materia prima per nuovi prodotti o nuovi utilizzi, riducendo il prelievo di risorse e l’impatto ambientale.

IL CICLO DELLA PLASTICA:RIDUZIONE, RIUTILIZZO E RICICLO

Dal 14 gennaio 2022 è in vigore la direttiva SUP (Single use plastic), il provvedimento voluto dall'Unione europea per ridurre il consumo di plastica monouso e a limitare la sua dispersione nell'ambiente e negli oceani. Stop a bastoncini cotonati, cannucce, bicchieri, palloncini e vaschette per il cibo: questi oggetti non potranno essere messi in commercio se prodotti con plastica tradizionale.

Le bioplastiche non sono altro che lunghe catene di polimeri che si comportano esattamente, per durata e flessibilità, come le più strette cugine di origine fossile. La differenza sostanziale è che le prime, biologiche, sono composte in tutto o in parte da risorse rinnovabili, dette biobased o da biomassa, come per esempio piante, alghe, organismi marini, microrganismi, o derivati da rifiuti organici di lavorazione. Tra le materie prime di origine non fossile oggi più impiegate a questo scopo ci sono la canna da zucchero, che viene lavorata per produrre etilene e poi polietilene, e l’amido di mais, usato per produrre acido lattico e poi acido polilattico (detto anche Pla).Un’altra fonte sono le alghe, che hanno caratteristiche particolarmente interessanti: assorbono CO2 durante il ciclo vitale, anziché liberare anidride carbonica; non competono con le fonti alimentari; crescono molto rapidamente. Anche per questo rappresentano una soluzione particolarmente poco costosa ed ecologica per la produzione di bioplastiche.Sono in corso poi numerose ricerche per studiare come riutilizzare il chitosano, un polisaccaride contenuto nel guscio dei crostacei (come per esempio gamberi, granchio e astice).

le bioplastiche

L'acido polilattico anche chiamato PLA è un polimero plastico a base di amido di mais

Biodegradabile e composta da un’alga che, per crescere, non ha bisogno di acqua. È la “nuova plastica” creata dalla startup londinese Notpla