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Transcript

Cicciarelli Giorgia IIA

LA LEGALITA' CONTRO LA MAFIA

Era un destino segnato quello di Peppino Impastato. Era nato a Cinisi in una famiglia di mafia.

Cosa Nostra. Niente più che la dinamica della morte di Paolo Borsellino avvenuta il 19 luglio del 1992.

Ucciso dalla mafia siciliana alle 17:58 del 23 maggio 1992. La più infame delle stragi si consuma in cento metri di autostrada che portano all'inferno. Dove mille chili di tritolo sventrano l'asfalto e scagliano in aria uomini, alberi, macchine.

E' morto, è morto nella sua amata Palermo, è morto fra le lamiere di un'auto blindata, è morto dentro il tritolo che apre la terra, è morto insieme ai compagni che per dieci anni l'avevano tenuto in vita coi mitra in mano. E' morto con sua moglie Francesca. E' morto, Giovanni Falcone è morto.

Mafia è un termine che indica un tipo di organizzazione criminale retta da violenza, omertà, riti d'iniziazione e miti fondativi. Secondo il significato estensivo del termine, indica una qualsiasi organizzazione di persone dedite ad attività illecite, segreta e duratura, che impone la propria volontà con mezzi illegali e violenti, spesso facendo pagare una tassa per una falsa protezione, per conseguire interessi a fini privati e di arricchimento illegale anche a danno degli interessi pubblici.

LA MAFIA

Che cos'è la mafia?

«Cosa nostra» (nel linguaggio comune genericamente detta mafia siciliana o semplicemente mafia) è un'organizzazione criminale di tipo mafioso-terroristico presente in Italia, soprattutto in Sicilia e in più parti del mondo. Questo termine viene oggi utilizzato per riferirsi esclusivamente alla mafia di origine siciliana, per distinguerla dalle altre associazioni mafiose. Gli interventi di contrasto da parte dello Stato italiano si sono fatti più decisi dagli anni ottanta del XX secolo, attraverso le indagini del cosiddetto "pool antimafia" creato dal giudice Rocco Chinnici e in seguito da Antonio Caponetto. Facevano parte del pool anche i magistrati Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Che cos'è "cosa nostra"?

Il concetto di legalità

Peppino Impastato

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Giovanni Falcone

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Paolo Borsellino

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Cosa troverai nelle prossime slide?

Infatti il fine delle norme disposte dai Governi è quello di mantenere l'ordine sociali, alimentare valori quali il rispetto, la libertà e la solidarietà e di evitare abusi di potere. Solo in una società in cui è presente il rispetto delle regole è possibile avvertire i valori fondanti per una convivenza civile.

La legalità

Viviamo in un paese in cui le leggi sono tanto numerose quanto violate. Perseguire la legalità significa rispettare le regole del patto sociale, fondamentali per la convivenza civile. E' sbagliato considerare la legalità come un concetto astratto, bensì essa si concretizza attraverso leggi che stabiliscono e garantiscono l'ordine sociale, oppure attraverso il mantenimento di ogni individuo e le relazioni personali.

I ragazzi hanno bisogno di comprendere valori fondamentali per vivere in una società civile, vivere in maniera coscienziosa e attiva, sviluppare il senso delle regole, dell’etica, della morale intesa nella sua accezione positiva e più ampia. Ed ecco che in aiuto ci viene la nostra Costituzione che da sola riesce a spiegarci e quali sono i diritti fondamentali di ciascun individuo. I bambini fin dalla più tenera età hanno bisogno di conoscere il valore della libertà, dell’uguaglianza, del rispetto per se stessi e per chi ci sta intorno. Come vogliamo allora spiegare loro che cosa significhi educare alla legalità? Dobbiamo partire dal concetto a loro più vicino: la regola. Perché darsi delle regole? Perché sono necessarie le regole nella nostra vita quotidiana? In qualsiasi comunità, come la famiglia e la scuola, è indispensabile darsi delle regole per assicurare a tutti i suoi membri uno spazio di dignità e di libertà e permettere loro di interagire in maniera costruttiva con gli altri.

L'importanza della legalità a scuola

Legalità è un sentimento culturale che tutti noi dovremmo “sentire”. “Sentire” la legalità significa comprendere il valore della giustizia intesa come qualcosa di assolutamente concreto, che deve permeare il nostro vivere.

Dal significato e dall’analisi delle regole sarà più semplice richiamare valori come quello della giustizia, perché menzionare la giustizia significa saper distinguere ciò che è giusto da ciò che invece non lo è. Legalità equivale insegnare ai nostri studenti, ai nostri figli, a saper pensare e a ragionare, a saper scegliere ed orientarsi in maniera consapevole e, perché no, a scandalizzarsi di fronte ad un’ingiustizia ed a prendere una posizione autonoma e libera da condizionamenti. Torniamo dunque al nostro interrogativo: perché educare i bambini e i ragazzi di oggi alla legalità? Prima di ogni cosa per sviluppare in loro il senso di cittadinanza inteso come cittadinanza attiva e consapevole, il senso di giustizia e il rispetto per le leggi. Solo in questo modo essi acquisiranno una coscienza civile e sociale di se stessi imparando a crescere ed a rapportarsi quotidianamente e con serenità nei confronti delle Istituzioni, sviluppando anche un sano senso critico. Legale significa conforme alla legge ma legalità è qualcosa di più profondo perché ci permette di capire quali sono i nostri diritti e i nostri doveri e quali gli strumenti per farli rispettare.

Giovanni Falcone

Giovanni Falcone è un magistrato italiano di origine siciliana, nato a Palermo il 18 maggio 1939 e deceduto il 23 maggio 1992 a Palermo a causa di un complotto organizzato dalla mafia (Cosa nostra). Durante quel tragico evento, persero con lui la vita anche la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Fu una delle figure più influenti ed importanti, insieme a Paolo Borsellino, nel combattere la mafia italiana. Nato da una famiglia benestante, visse nel quartiere della Kalsa, insieme a molti altri ragazzi tra cui futuri mafiosi. Amante della cultura, a diciotto anni nel 1957 si diplomò con il massimo dei voti. Nel 1958 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Palermo e si laureò nel 1961 con 110 e lode. Dopo poco tempo entrò nella magistratura italiana. Nel 1967 ci fu il suo primo importante processo, legato alla banda mafiosa del Boss Mariano Licari.

Nel 1979 passò all'Ufficio Istruzione della parte penale e proprio lì venne affiancato da Paolo Borsellino. Dieci anni dopo nel 1983 venne incarcerato Rosario Spatola.L'esperienza del pool antimafia nasce all'inizio della cooperazione tra Falcone, Rocco Chinnici, Giuseppe di Lello e Paolo Borsellino, in seguito a causa dell'uccisione di Rocco Chinnici venne aggiunto Leonardo Guarnotta. L'obbiettivo e il desiderio dei magistrati era riconsegnare la città di Palermo ai palermitani e l'intera Sicilia agli uomini "puliti". Ma il loro sogno fu pian piano ostacolato da Cosa nostra, perché tutto il lavoro portato avanti dai magistrati era abbastanza scomodo. A tal proposito ricordiamo la strage di Capaci avvenuta il 23 maggio 1992 che vide la morte di Giovanni Falcone, la moglie e tre uomini della scorta.

Il 23 maggio 1992, il giudice Falcone stava tornando a casa da Roma, come faceva solitamente nel fine settimana, insieme alla moglie Francesca. Partito da Ciampino con un jet di servizio intorno alle 16:45, atterra all'aeroporto Punta Raisi di Palermo dopo un volo di 53 minuti. Qui trova ad attenderlo 3 Fiat Croma blindate con la scorta. Falcone si mette alla guida della Croma bianca. In macchina con lui ci sono la moglie e l'autista giudiziario Giuseppe Costanza. La macchina di Falcone è preceduta da una Croma marrone, con gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo, e seguita da una Croma azzurra con gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.Le auto prendono l'autostrada, dirette verso Palermo. Alle 17:58, al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo Capaci-Isola delle Femmine, il sicario Giovanni Brusca aziona una carica di cinque quintali di tritolo, che era stata posizionata in una galleria scavata sotto la strada. Pochi istanti prima dello scoppio, Falcone aveva rallentato per prendere un mazzo di chiavi dal cruscotto della macchina. Lo scoppio quindi travolge in pieno solo la Croma marrone. I tre agenti della scorta muoiono sul colpo.

La strage di Capaci

La macchina di Falcone si schianta contro il muro di cemento e detriti causati dallo scoppio. Il Giudice Falcone muore durante il trasporto in ospedale a causa del trauma cranico, causato dall'impatto contro il parabrezza, e da varie lesioni interne. La moglie Francesca muore invece in ospedale la sera alle 22:00. L'agente Costanza, che si trovava nella macchina con il giudice, rimane illeso. Gli agenti della terza automobile rimangono feriti, ma non in pericolo di vita.

Strage di Capaci; morte di Giovanni Falcone

Paolo Borsellino

Nato a Palermo il 19 gennaio 1940 nel quartiere della Kalsa , Paolo Borsellino si laurea in Giurisprudenza il 27 giugno 1962 all'età di 22 anni. Nel 1963 partecipa al concorso per entrare in magistratura, diventando allora, il più giovane magistrato italiano. Nel 1967 diventa pretore a Mazara del Vallo e, successivamente, pretore di Monreale, dove lavora insieme ad Emanuele Basile. Nel 1975 viene trasferito a Palermo e a luglio entra nell'ufficio istruzione affari penali sotto la guida del giudice Rocco Chinnici. Il 1980 vede l'arresto dei primi sei mafiosi grazie all'indagine condotta da Basile e Borsellino, ma nello stesso anno arriva la morte di Emanuele Basile e la scorta per la famiglia Borsellino. In quell'anno viene costituito il pool antimafia sotto la guida di Chinnici, Il 29 luglio 1983 viene ucciso Rocco Chinnici nell'esplosione di un'autobomba e pochi giorni dopo arriva da Firenze Antonino Caponnetto. Nel 1984 viene arrestato Vito Ciancimino e si pente Tommaso Buscetta.

Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato con la moglie ed i figli, il giudice si è recato insieme alla scorta in via D'Amelio a trovare la madre. Qui una Fiat 126, parcheggiata vicino alla casa della madre di Borsellino, sulla quale erano stati messi 100 kg di esplosivo, è stata fatta esplodere al passaggio del giudice. Nell'attentato, oltre a Paolo Borsellino, sono morti cinque agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è stato Antonino Vullo, che stava parcheggiando una delle auto e si trovava più lontano dal punto dello scoppio.

Strage di via D'Amelio

Giuseppe Impastato nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963. Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino "L'Idea socialista". Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo "Musica e cultura", che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1977 fonda "Radio Aut", radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito era "Onda pazza", trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.

Peppino Impastato

Cinque giorni prima di essere ucciso, Peppino Impastato aveva tenuto il suo ultimo comizio pubblico. Si era candidato come consigliere comunale nelle liste di Democrazia proletaria. La sue elezione avvenne ugualmente, nonostante qualche giorno prima, il 9 maggio '78, la mafia lo avesse fatto saltare in aria sui binari della ferrovia di Cinisi. I suoi resti furono trovati il giorno dopo dai suoi amici. Erano sparsi per 300 metri. Ci sono voluti 23 anni perché Peppino venisse riconosciuto come vittima di mafia, nell'indifferenza di un paese che non parlava, non vedeva, non sentiva. Erano in pochi a denunciare gli interessi della mafia di Cinisi alla fine degli anni Settanta: le infiltrazioni per la costruzione dell'aeroporto di Palermo, le speculazioni edilizie, il traffico di droga con i cugini d'America. Le indagini sulla morte di Impastato furono subito depistate: "Si voleva far credere che Peppino fosse morto mentre stava maneggiando l'esplosivo" racconta Paolo Chirco, uno dei compagni storici del giornalista siciliano ucciso dalla mafia. Per ben due volte, nel 1984 e nel 1992, le indagini sulla morte di Peppino Impastato furono archiviate. Solamente nel 1995, grazie alla determinazione della madre di Peppino, Felicia Bartolotta, si aprì un nuovo processo nel quale il boss di Cinisi Gaetano Badalamenti fu condannato per aver commissionato l'omicidio di Peppino Impastato.

La morte di Peppino Impastato

GRAZIE PER L'ATTENZIONE