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Elaborato digitale creato, per la "Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie", dagli alunni e dalle alunne delle classi 1^-2^-3^C, della Sc. Sec. di I gr. dell'I.C. "Enzo Drago" di Messina, coordinati dalle Prof.sse Alessandra Iurato e Damiana Bongiovanni.

Transcript

donne contro la mafia

21 marzo 2022

21

Classi I, II e III C Sc. Sec. di 1^ Gr.

Suor Carolina Iavazzo

Francesco Sorbara 1^C e riflessione di Ruben Maiorana 3^C

“Sì, mi sento una suora di frontiera. È una mia scelta stare vicino ai “figli del vento”, come li chiamo io quei ragazzi e ragazze che non hanno voce in questa terra meravigliosa ma difficile, dove il male è la cultura mafiosa, killer silenzioso e subdolo”.

Suor Carolina Iavazzo si impegna con energia e convinzione profonda per sottrarre i giovani della Locride al braccio forte della ‘ndrangheta. Nel centro "Padre Pino Puglisi", insieme alle sue consorelle, vuole salvare i ragazzi allontanandoli dalla criminalità. La scelta di rieducare una nuova generazione è una promessa che Suor Carolina porta avanti con grande amore e dedizione. Per questo motivo con passione ha iniziato dai bambini, impedendo che, all’interno della sua comunità, i piccoli vengano coinvolti nelle faide tra le famiglie, ma si divertano tutti insieme tra loro, mantenendo l'armonia. Reputo fantastico l’impegno assunto da Suor Carolina, che dimostra in tal modo non solo amore e altruismo ma, soprattutto, tanto coraggio, nel cercare di impedire che dei bambini, che un giorno potrebbero essere gli eroi del domani, possano rovinarsi la vita intraprendendo una strada sbagliata, quella della 'ndrangheta.

Teresa Buonocore

Davide Passari 1^C - Lycia Castorina 2^C

Teresa Buonocore, nata a Portici nel 1959, fu barbaramente uccisa per vendetta, per aver testimoniato nel processo per abusi sessuali sulla figlia minore contro il pedofilo Enrico Perillo, vicino di casa ritenuto un amico di famiglia, che venne così condannato a 15 anni di reclusione per violenza sessuale. Ma proprio dal carcere architettò la sua vendetta e la mattina del 20 settembre 2010 a Napoli, in via Ponte dei Francesi, Teresa mentre in auto si recava a lavoro venne uccisa con quattro colpi di pistola da due sicari che le si affiancarono con uno scooter. I due sicari successivamente confessarono ed indicarono come mandante dell’omicidio Enrico Perillo, che successivamente fu condannato all’ergastolo. Il 2 giugno del 2018 fu consegnata ai familiari di Teresa Buonocore la medaglia d’oro al merito civile alla memoria, conferita il 22 novembre 2017 dal presidente della repubblica Mattarella.

«Speriamo non ci siano altre vicende giudiziarie come la nostra, la mia famiglia ha subito doppia violenza: la violenza da un pedofilo e l’omicidio di una donna. Vanno tutelati gli orfani, come i miei nipoti, perché i risarcimenti possono dare tranquillità per studi, progetti o qualsiasi altra cosa». Pina, sorella di Teresa

Piera Aiello

Claudio Visalli 1^C - Giacomo Venuti 2^C

“Dalla morte di Borsellino è iniziata la mia vera lotta contro la mafia e il sistema mafioso. Il suo sacrificio non deve rimanere vano. Dobbiamo portare avanti le idee di Borsellino e di Falcone, dobbiamo essere la loro voce e le loro gambe, dobbiamo combattere ancora di più. Se prima avevamo un motivo, adesso abbiamo milioni di motivi per farlo”.

Piera Aiello, nel 1985, all’età di 18 anni, viene costretta a sposare Nicola Atria, figlio di don Vito Atria, boss di Cosa Nostra di Partanna. Nove giorni dopo il suo matrimonio uccidono il suocero viene ucciso e il 24 giugno 1991 viene assassinato dinanzi a lei suo marito Nicola. Dopo l’accaduto Piera Aiello decide di denunciare i due assassini del marito e inizia a collaborare con la polizia e la magistratura, e in questa occasione incontra il giudice Paolo Borsellino. Mantiene una falsa identità fino alle elezioni del 25 luglio 2008, quando viene nominata direttrice delle associazioni antimafie. Il 24 ottobre 2012 pubblica il suo libro ‘’Maledetta Mafia’’. E infine nel 2019 viene inserita dalla BBC nella lista delle 100 donne più influenti al mondo.

Suor Rita Giaretta

Roberta Vita 1^C

"Non c’è gioia più grande di vedere il sorriso riaffacciarsi sul volto di queste ragazze. Con l'amore di Casa Rut ho reso libere le donne schiave".

Suor Rita Giaretta, orsolina, è nata nel Vicentino nel 1956. Durante la sua giovinezza si impegna nel sindacato nella difesa dei diritti delle donne. Il suo sogno era aiutare le donne, a volte ragazze giovani, costrette a vendere il loro corpo come se fossero della merce. Suor Rita Giaretta fonda a Caserta la Casa Rut, che ha accolto più di 600 ragazze salvate dalla tratta delle nuove schiave, cioè dalla prostituzione forzata delle giovani migranti. Così è riuscita restituire vita, speranza ma soprattutto dignità a queste ragazze moldave, ucraine, russe, polacche, albanesi, nigeriane che ha aiutato a diventare libere.

Rosaria Costa

Nancy Spadaro 1^C e riflessione di Aurora Pandolfino 3^C

“Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio!”.

Rosaria Costa, diventata uno dei simboli della lotta alla mafia, aveva solo 22 anni e un bambino di appena 4 mesi, quando il 25 maggio 1992 pronunciò nel duomo di Palermo il suo famoso discorso durante i funerali di Giovanni Falcone e della moglie Francesca Morvillo, e di tutti gli agenti della scorta, tra i quali suo marito Vito Schifani, morti nella Strage di Capaci. Rosaria ha poi scelto di lasciare la Sicilia e soprattutto la sua Palermo, che quel giorno davanti a tutti chiamò città di sangue, per vivere altrove. Devastata, in seguito, dalla notizia dell’arresto del fratello per appartenenza mafiosa, continua a condurre insieme al figlio Emanuele, diventato ufficiale della Guardia di Finanza, una vita contro la mafia.

Maria Concetta Cacciola

Christian Sorbara 1^C

"Avevo problemi di famiglia, non ero capita, gelosia, mio marito… in carcere. Erano arrivate lettere anonime, mi alzavano le mani, ti chiudevano in casa, non potevi uscire, non potevi avere amicizie".

Maria Concetta Cacciola, nata in una famiglia dell‘ndrangheta a Rosarno, viene data in sposa a 13 anni a un capoclan, per rafforzare le alleanze e il controllo del territorio. La convocazione in caserma per il figlio, sorpreso alla guida di un’auto senza patente, è in realtà un pretesto dei carabinieri di Rosarno per sondare una sua possibile collaborazione. Fu così che nella notte tra il 29 e il 30 maggio, Maria Concetta diventa una testimone di giustizia contro le cosche dell‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro. Finisce nel programma di protezione e viene allontanata da Rosarno, interrompendo qualsiasi contatto con la famiglia. L’unico legame con Rosarno e la sua famiglia sono i figli, che diventano uno strumento di ricatto. I suoi familiari la obbligano a firmare una ritrattazione in cambio del perdono. Maria Concetta pur di riabbracciare i suoi bambini accetta di ritrattare. Aveva solo 31 anni quando la ritrovano morta per aver bevuto dell'acido muriatico. Solo qualche anno dopo tutti i suoi familiari finiscono arrestati e condannati col rito abbreviato, accusati di averla voluta zittire per sempre, per paura che parlasse e che altre donne ne seguissero l'esempio.

Renata Fonte

D'Angelo Salvatore 1^C e riflessione di Sameera Colombage 3^C

Renata Fonte è stata la prima vittima di mafia nel Salento. Donna caparbia e determinata, si distinse per l’impegno politico e sociale, volto soprattutto alla difesa del suo territorio. Divenne la prima assessore del comune di Nardò. Creò lei il Comitato per la Tutela di Porto Selvaggio, ma durante il suo mandato scoprì numerosi illeciti ambientali e per la sua lotta alla speculazione edilizia nel suo comune, nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile 1984, fu assassinata a pochi passi dal portone di casa con tre colpi di pistola. Aveva solo 33 anni.

“Qualcuno ha fatto tacere la mia voce... ma c'è ancora in sottofondo un motivo di poche note, un ritornello struggente che esce da qualche angolo del mio animo e che è il tema musicale di tutto quello che ho dentro". (Targa di Porto Selvaggio a lei dedicata)

Arcangela Petrucci

Noemi Ruta 1^C

Arcangela Petrucci è la vedova di Luigi Luciani che, insieme al fratello Aurelio, è stato barbaramente ucciso il 9 agosto 2017 a San Marco in Lamis, perché ritenuto testimone scomodo dell'agguato mortale contro il boss di Manfredonia, Mario Luciano Romito, e il cognato Matteo De Palma. I due imprenditori agricoli sono vittime innocenti della mafia, e Arcangela, che con coraggio combatte giorno e notte per avere giustizia, è diventata simbolo della lotta alla mafia.

“La cosa che mi fa rabbrividire è pensare che molta gente onesta per sopravvivere chieda aiuto alla criminalità, perché lo Stato troppo spesso è sordo e cieco”.

Matilde Sorrentino

Veronica Santoro 1^C - Brayan Mesiti 2^C e riflessione di Giovanni Lo Duca 3^C

“Pur essendo una donna indifesa non si è mai tirata indietro”. pm Pierpaolo Filippelli

Matilde Sorrentino è morta il 26 marzo 2004, a 49 anni, uccisa con quattro colpi di pistola davanti casa sua. Venne punita perché aveva denunciato gli abusi subiti da suo figlio e da altri bambini in un sottoscala di una scuola a Torre Annunziata, e nella rete di orchi che aveva agito fino alla primavera c'erano alcuni affiliati del clan della zona. Per questo motivo Matilde da allora è ricordata come la "mamma coraggio". Ci sono voluti 14 anni per ottenere la verità e per arrestare il mandante dell'omicidio. E sono serviti altri tre anni per arrivare alla sentenza. Matilde ha ottenuto finalmente giustizia il 21 dicembre 2021, quando Francesco Tamarisco, boss dei Nardiello di Torre Annunziata, è stato condannato all'ergastolo.

Saveria Antiochia

Jasmine Pia Ieni 1^C e riflessione di Alessio Di Benedetto 3^C

“Ai giovani che mi chiedono cosa possono fare io rispondo sempre che sono le scelte che contano sia da ragazzi che da adulti… voi giovani avete la possibilità di cambiare questa società e che si possano avere verità e giustizia, dovete scegliere responsabilmente, col cuore, dopo aver studiato, da che parte stare”.

Saveria Antiochia è la mamma di Roberto Antiochia, giovanissimo poliziotto ucciso dalla mafia a Palermo nel 1985 mentre, come volontario, faceva da scorta al Commissario Ninni Cassarà. Da quel 6 agosto del 1985 Saveria dedica ogni sua energia all’impegno antimafia e il luogo privilegiato da lei sono le scuole, dove diffonde i valori e gli ideali di suo figlio Roberto, la sua volontà di difendere i diritti dei più deboli, di lottare per una Italia libera e democratica, contrastando l’arroganza e la violenza mafiosa.

Lucia Borsellino

Roberta Vita 1^C - Cristian Zarzaca 2^C e riflessione di Christian Trifirò 3^C

Lucia Borsellino è la primogenita di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio del '92 nella strage di via D'Amelio. Insieme a sua madre Agnese e ai suoi due fratelli, Manfredi, commissario di polizia, e Fiammetta, assistente sociale, ha condiviso molto con papà Paolo, dalle difficoltà del vivere continuamente sotto scorta all’orgoglio di essere in qualche modo associati alla lotta contro la mafia. Laureata in Farmacia, sposata e con due figlie, nel novembre 2012 dopo la vittoria alle ultime elezioni del Governatore Rosario Crocetta, è stata nominata assessore regionale alla Sanità. Il 2 luglio 2015 rassegna le sue dimissioni, esprimendo disagio a seguito di un’intercettazione fra il governatore Crocetta e il suo medico personale Matteo Tutino, che ha pronunciato queste parole: "Lucia va fermata, fatta fuori. Come suo padre". Oggi coltiva serenamente la sua carriera nel ricordo di un papà giusto ed esemplare.

“Per me mafioso è chiunque si renda corresponsabile, sia esso un componente dello Stato o meno. Anche solo con il silenzio.

Pina Maisano Grassi

Francesco Ballarino 1^C

Pina Maisano Grassi, nata a Palermo nel 1928, si laureò in Architettura e nel 1956 sposò l’imprenditore Libero Grassi, con cui ebbe due figli: Alice e Davide. Nell’agosto 1991 il marito venne ucciso da Cosa Nostra per essersi rifiutato di pagare “il pizzo” alla mafia. Pina non cedette al dolore ma scelse di agire e entrò a far parte della commissione ai lavori pubblici. Si impegnò anche sul piano sociale e, nonostante le continue minacce e intimidazioni, continuò la sua lotta e divenne Presidente onorario dell’Associazione antiracket ‘‘Libero-futuro’’, intitolata al marito. Dal 2004 fu molto attiva con i ragazzi di ‘‘Addiopizzo’’, svolgendo anche attività nelle scuole per i progetti Legalità. Morì il 7 giugno 2016 a Palermo, all’età di 87 anni. Il suo grande impegno contro il pizzo, contro la mafia e a favore della legalità l’ha resa un valido esempio nella lotta per liberare la Sicilia da tutte le mafie, lavorando incessantemente senza mai abbattersi e riuscendo ad essere un punto di riferimento per tutti i siciliani onesti. Una donna coraggiosa, che per oltre 25 anni, ha fatto della battaglia al racket la sua ragione di vita, gettando le basi per un cambiamento profondo e duraturo che, ancora oggi, molte persone provano a percorrere.

"Vorrei che i giovani si ispirassero agli esempi positivi, e dicano: «Io vorrei essere come quel magistrato, come quel politico»"

Graziella Campagna

Emanuele Trimarchi 1^C - Antonio Tinaglia 2^C e riflessione di Riccardo Riggio 3^C

“Non dimentichiamoci di chi non appare spesso in TV, non viene ricordata dai giornali, non viene omaggiata dalle istituzioni nel giorno dell’anniversario della morte, non è eretta ad eroe nazionale. Non dimentichiamoci di Graziella Campagna. Non dimentichiamoci che anche a 17 anni si può morire… di mafia.” giornalista Lina Pasca

Graziella Campagna, nata il 3 luglio del 1968 a Saponara, nella provincia di Messina, dopo aver abbandonato gli studi, lavora come aiuto lavandaia a Villafranca Tirrena. Svolgendo quest'attività, un giorno trova, nella tasca di una camicia di proprietà di un certo "Ingegner Cannata", un documento che rivela il vero nome dell'uomo. Si tratta di Gerlando Alberti Junior, nipote latitante del boss Gerlando Alberti. Quest'informazione le costerà la vita perché Il 12 dicembre del 1985, dopo aver finito di lavorare, ed essersi recata come ogni giorno ad aspettare l'autobus per tornare a casa, improvvisamente sparisce. Due giorni dopo il corpo, con cinque ferite d'arma da fuoco, fu ritrovato a Forte Campone vicino a Villafranca Tirrena e riconosciuto dal fratello, Pietro Campagna. L’esecuzione a pochi metri di distanza dalla vittima non lascia dubbi sulla natura mafiosa dell’atto. La sua storia è stata fonte d'ispirazione per il film “La vita rubata”.

Michela Buscemi

Concetta De Luca 2^C

Michela Buscemi nasce a Palermo nel 1939. Primogenita di dieci fratelli, vive un'infanzia di povertà e molestie. Dopo la morte di due dei suoi fratelli uccisi dalla mafia, si costituisce parte civile al primo maxiprocesso di Palermo, ricevendo molte minacce. Non potendo contare sull’appoggio della madre, viene aiutata economicamente e accompagnata in aula durante le udienze dal Centro Impastato di Palermo e dall’Associazione donne siciliane per la lotta alla mafia. Tuttavia, temendo per la vita di suo marito e dei suoi figli, torna in aula un’ultima volta e davanti alle gabbie dove erano rinchiusi gli imputati urla a gran voce che si sarebbe ritirata solo per amore dei suoi cari. Oggi continua a svolgere incontri nelle scuole e nelle piazze per sensibilizzare con la sua testimonianza contro la mafia.

“Alle donne dico che non devono scoraggiarsi perché domani è un altro giorno e devono continuare a vivere. Se sanno chi ha ucciso i loro cari devono parlare. Ai giovani che devono lottare sin dall’inizio, contro amici e parenti”.

Rosaria Capacchione

Roberta Santamaria 1^C e riflessione di Tamara Gualniera 3^C

“Ancor più dei Casalesi temo la noia”.

Rosaria Capacchione, ex giornalista del " Mattino", senatrice del Pd e membro della Commissione Antimafia, a seguito delle minacce da parte della camorra, indirizzate a lei e a Roberto Saviano, ha dovuto cambiare le sue abitudini, e adesso vive sotto scorta ma non si è mai pentita di aver svolto il suo lavoro. Una donna forte, caparbia, presa di mira dai casalesi a causa dei suoi articoli veri e scomodi, e del suo libro "L'oro della camorra". Ancora oggi la mafia vuole farci paura e credere di avere il controllo su tutti e su tutto, ma grazie a donne forti come Rosaria riusciremo ad abbattere questa piaga dell'umanità. Pertanto dobbiamo essere orgogliosi e considerare come esempio di vita queste donne, capaci di portare avanti con impegno e abnegazione i diritti di tutti noi!

Emanuela Loi

Andrea Bertuccelli 1^C - Gabriel Altadonna 2^C e riflessione di Giulia Bracale 3^C

"È il mio lavoro, non posso certo tirarmi indietro".

Emanuela Loi è stata la prima donna agente della Polizia di Stato ad essere uccisa in servizio. Nata a Cagliari il 09 ottobre 1967, dopo aver conseguito il diploma magistrale entrò nella Polizia di Stato nel 1989, per poi essere trasferita a Palermo due anni dopo. Nel giugno del 1992 venne affidata come scorta al magistrato Paolo Borsellino, in prima linea contro la mafia. Il 19 luglio 1992 Emanuela morì nella Strage di via D'Amelio a Palermo, e con lei persero la vita, oltre a Paolo Borsellino, anche altri 4 colleghi: Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Da diversi anni sua sorella Maria Claudia tiene vivo il suo ricordo nelle scuole grazie a Libera, l'associazione contro le mafie.

Anna Giordano

Federica D'Angelo 1^C - Kristel Boni 2^C

Anna Giordano, è “la signora dei falchi”, perché fin da bambina voleva salvarli tutti, andandosi a scontrare con coraggio e determinazione contro la mentalità mafiosa e arrogante dei bracconieri. Per contrastare questo fenomeno, ha intrapreso nella provincia messinese una lotta per la quale ha subito numerose minacce e intimidazioni, riuscendo nel suo intento di ridurlo. Per 40 anni non ha mai smesso di combattere in difesa della natura con presidi sul territorio, in particolare sull’area dello Stretto di Messina. Laureata in Scienze Naturali e specializzata in ornitologia, da 25 anni fa parte del WWF e, oltre ad essere direttore della Riserva delle Saline di Trapani, ha fondato l’Associazione mediterranea per la natura, che si occupa di antibracconaggio e di un centro di recupero della fauna selvatica. Per il suo impegno è stata insignita nel 1998 con il prestigioso Goldman Environmental Prize.

“Mi indigno e quindi vuol dire che nutro ancora speranza in un futuro migliore”.

Lea Garofalo

Desirè Billè 1^C - Martina Arigò 2^C

Lea Garofalo nata il 24 aprile 1974, cresce in una famiglia di mafiosi. S’innamora di Carlo Casco, boss mafioso, che viene arrestato nel 1996, 5 anni dopo la nascita della loro figlia Denise. Lea si ribella alla mafia e suo fratello Floriano l'aggredisce. Decide, dunque, di recarsi dai carabinieri, diventando testimone di giustizia e rivelando i numerosi affari illeciti della 'ndrangheta in Lombardia. Nel 2005 Floriano viene ucciso e i magistrati la tolgono dal programma di protezione, ma suo marito Carlo esce di prigione e la cerca. Il 24 novembre 2009 a Milano Carlo con una scusa porta Denise da parenti e Lea in un appartamento dove, dopo averla torturata, la uccide. Vito Casco e Carmine Venturino fanno sparire il corpo bruciandolo. Carlo racconta alla figlia Denise che la madre l’ha abbandonata, ma lei si reca dai carabinieri, che aprono un’indagine. Denise si fidanza con Carmine Venturino, che nel 2012 confessa tutto sull’omicidio di Lea. Il 9 aprile 2013 Carlo ammette di aver ucciso Lea e tutti i complici dell’omicidio vengono condannati all’ergastolo.

"Lea, la mia cara mamma, ha avuto il coraggio di ribellarsi alla cultura della mafia, la forza di non piegarsi alla rassegnazione". Denise, figlia di Lea

Lia Pipitone

Rosalia Pipitone, detta Lia (Palermo, 16 Agosto 1958 – Palermo, 23 Settembre 1983) è stata una donna, madre e artista palermitana uccisa con il consenso del padre Antonino Pipitone, capomafia della famiglia dell'Acquasanta di Palermo, per aver intrattenuto una presunta relazione extraconiugale, violando in questo modo l'onore della sua famiglia, secondo le regole di Cosa Nostra.

“Mia madre voleva essere solo una donna libera di vivere la sua vita, ma evidentemente anche questo dava fastidio alla mafia!” Alessio, figlio di Lia

Kevin Sgrò 1^C e riflessione di Ruben Maiorana 3^C

Rita Atria

“Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare, forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”.

Rita Atria a 11 anni perde il padre, ucciso in un agguato mafioso, e si lega al fratello Nicola, facente parte pure lui di Cosa Nostra. Nel 1991 anche Nicola viene ucciso e la moglie Piera Aiello diventa collaboratrice di giustizia, e così Rita, a 17 anni, decide di collaborare con la magistratura. Incontra il giudice Paolo Borsellino, all’epoca procuratore di Marsala, al quale si affeziona come a un padre. Grazie alle rivelazioni di Rita e di Piera vengono arrestati 31 mafiosi appartenenti alle cosche trapanesi. Dopo l’assassinio di Borsellino e della sua scorta, Rita si suicida lanciandosi dal settimo piano, motivando il suo gesto con queste parole: “La mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma ora io senza di te sono morta”.

Angelo D'Arrigo 1^C - Gabriel Karol Calabrò 2^C e riflessione di Desirèe Costanzo 3^C

Felicia Impastato

“Io voglio giustizia, non vendetta”

Felicia Impastato nacque il 24 maggio 1916 a Cinisi. Nel 1946 si sposò con Luigi Impastato e da questo matrimonio ebbe tre figli, tra cui Giuseppe, soprannominato Peppino. Lui divenne un attivista contro la mafia, dalla quale venne ucciso nel 1978. Alla morte del figlio Giuseppe, Felicia denunciò i crimini di Cosa Nostra, facendo arrestare gli assassini. Felicia muore nella sua città di origine, all’età di 88 anni, il 7 dicembre 2004.

Francesco Sorbara 1^C - Alessandro Sanò 2^C e riflessione di Gaia Nicoletti 3^C