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biografie di vittime di mafia

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21 MARZO 2021

Giornata della memoria delle vittime di mafia

scorri sopra l'immagine e trova 21 vittime di mafia: cliccando sui nomi potrai conoscere le loro storie

LA BIOGRAFIA DI VITO SCHIFANI Ad oggi sono morte per mano mafiosa tantissime persone in Italia. Una di queste è Vito Schifani. È nato il 23 febbraio 1965 a Palermo. È stato un agente di polizia italiano. Agente di scorta di Giovanni Falcone. Vito Schifani è morto nel 23 maggio 1992 insieme a due poliziotti della scorta Antonio Montinaro e Rocco Dicillo nella strage di Capaci; con la loro drammatica fine morirono anche il magistrato Giovanni Falcone e la moglie. Erano al volante di una fiat Croma marrone e accompagnavano il magistrato appena atterrato a Punto Raisi da Roma, a Palermo. Falcone guidava la Croma bianca che li seguiva, sulla quale viaggiava anche la moglie Francesca Morvillo e l’autista Giuseppe Costanza, e in coda c’era una Croma azzurra. Nell’esplosione i tre agenti morirono sul colpo in quanto la loro Croma fu quella investita con più violenza dalla deflagrazione: è stata sbalzata dal manto stradale in un giardino di olivi a più di 10 metri di distanza. Schifani morì a 27 anni, lasciando la moglie Rosaria Costa, di 22 e un figlio di appena 4 mesi. I funerali delle vittime a Palermo si tennero nella chiesa di San Domenico, ai quali partecipò l’intera città. Le immagini simbolo rimaste maggiormente impresse nella memoria collettiva, furono le parole e il pianto della vedova di Schifani, nel quale diceva alla mafia che c’era possibilità di perdono, che lei li perdonava però dovevano mettersi in ginocchio, se avevano il coraggio di cambiare radicalmente i loro progetti e di tornare ad essere cristiani. Chiede aiuto al Signore, per la città di Palermo, che lo ha colpito di troppo sangue, e di operare per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti. L’onorificenza che Schifani ha ricevuto è stata la medaglia al Valor Civile nel 1992 con la seguente motivazione: “preposto al servizio di scorta del magistrato Giovanni Falcone, consapevole dei rischi personali connessi agli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la giovane vita a difesa dello Stato e delle Istruzioni.” Nel 2007 lo Stadio delle Palme di Palermo è stato a lui intitolato, in quanto, oltre ad essere un agente, era un promettente atleta, specialista nei 400 metri.

TAO ERIK ZHOU

REBECCA MILIONE

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CECILIA BINI

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CHLOE' COTUGNO

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MIRKO FUMAGALLI

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LEONARDO BONFANTI

Giorgio Ambrosoli nacque a Milano il 17 ottobre 1933 da una famiglia borghese molto cattolica. Frequentò il Liceo A. Manzoni e seguì le orme del padre diventando avvocato e commissario liquidatore. Indagò sulle banche di Michele Sindona un banchiere mafioso criminale. Ricevette minacce e pressioni e, grazie alla sua onestà e al suo impegno contro la corruzione divenne famoso. Morì a Milano l’11 luglio 1979 assassinato da un sicario americano su ordine di Michele Sindona e non fu abbastanza protetto dallo stato italiano. Nell’anno 1975 scrisse a sua moglie una lettera dove diceva di avere cura dei loro figli perché già pensava che sarebbe stato ucciso. Dopo anni venne riconosciuto il suo valore e gli dedicarono a suo nome vie e piazze in tante città d’Italia. Il figlio, Umberto Ambrosoli, scrisse un libro sulla sua storia e fecero anche dei film. Per concludere l’insegnamento che mi ha dato Giorgio Ambrosoli è di vivere nell’onestà e nella giustizia.

TAWAN CASOLARO

Rocco Dicillo (Triggiano, 13 aprile 1962 – Capaci, 23 maggio 1992) è stato un agente di Polizia italiano, agente di scorta di Giovanni Falcone, rimasto ucciso insieme a lui, a sua moglie Francesca Morvillo e ai colleghi Vito Schifani e Antonio Montinaro nella Strage di Capaci. Sabato 23 maggio 1992 Falcone stava tornando a Palermo, come era solito fare nei fine settimana, da Roma. Il jet di servizio partito dall'aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arrivò a Punta Raisi dopo un viaggio di 53 minuti. Lo attendevano tre Fiat Croma blindate, con un gruppo di scorta sotto il comando dell'allora capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera. Il 25 maggio, nello stesso giorno dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica, si tennero i funerali delle vittime, a Palermo, nella Chiesa di San Domenico, ai quali partecipò l'intera città. I più alti rappresentanti del mondo politico presenti (Giovanni Spadolini, Claudio Martelli, Vincenzo Scotti, Giovanni Galloni) vennero duramente contestati dalla cittadinanza. Le immagini simbolo rimaste maggiormente impresse nella memoria collettiva furono proprio le parole e il pianto della vedova di Schifani.

LEONARDO FEDOZZI

Francesca Laura Morvillo è nata a Palermo il 14 Dicembre 1945 a Capaci, è stata un magistrato e un docente universitario. Moglie del giudice Giovanni Falcone, perse la vita insieme a lui e agli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro nella strage di Capaci. Figlia di Guido, sostituto procuratore a Palermo, Francesca si laureò con il massimo dei voti e lode a soli 22 anni in Giurisprudenza all'Università degli Studi della sua città con una tesi intitolata "Stato di Diritto e misure di sicurezza". Dopo aver superato il concorso in magistratura, ricoprì diversi ruoli: prima giudice del Tribunale di Agrigento, poi Sostituto Procuratore al Tribunale dei minori di Palermo, infine consigliere della Corte di Appello sempre a Palermo e membro della Commissione per il concorso di accesso in magistratura. Nel 1979 conobbe Giovanni Falcone a casa di amici e cominciarono la loro storia:si sposarono nel 1986, con una cerimonia civile, con pochissimi invitati. Il 21 giugno 1989, mentre si trovavano in vacanza all'Addaura, i Falcone furono loro malgrado vittima del Fallito Attentato dell'Addaura, Quando il marito decise di accettare l'incarico di Direttore degli Affari Penali del Ministero della Giustizia, lo seguì a Roma. Sabato 23 maggio 1992 Francesca stava tornando a Palermo insieme al marito, come erano soliti fare nei fine settimana, da Roma. Il jet di servizio partito dall'aeroporto di Ciampino intorno alle 16:45 arrivò a Punta Raisi, dopo un viaggio di 53 minuti. Appena sceso dall'aereo, Falcone si sistemò alla guida della Croma bianca e accanto prese posto Francesca. Nelle auto subito successive c’erano gli agenti della scorta che avrebbero dovuto proteggere Falcone e Francesca. Le auto lasciarono l'aeroporto imboccando l'autostrada in direzione Palermo. La situazione pareva tranquilla, tanto che non vennero attivate neppure le sirene. Su una strada parallela, una macchina si affiancò alle tre Croma blindate, per darne segnalazione ai killer in agguato sulle alture sovrastanti il litorale; furono gli ultimi secondi prima della strage. Otto minuti dopo, alle ore 17:58, una carica di cinque quintali di tritolo posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci - Isola delle Femmine venne azionata per telecomando dal sicario incaricato da Totò Riina. I tre agenti di scorta morirono sul colpo. La seconda auto, la Croma bianca guidata dal giudice, si schiantò invece contro il muro di cemento. Rimasero feriti gli agenti della terza auto. L'Italia intera, trattenne il fiato per la sorte delle vittime con tensione sempre più viva e contrastante, alle 19:05, ad un'ora e sette minuti dall'attentato, Giovanni Falcone morì dopo alcuni disperati tentativi di rianimazione, a causa della gravità delle lesioni mentre Francesca sarebbe morta, intorno alle 22:00. Lo stesso giorno dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica, a Palermo, nella Chiesa di San Domenico, si tennero i funerali, ai quali partecipò l'intera città. I più alti rappresentanti del mondo politico presenti.

YANA MEJIA

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MATTEO FIORE

Vi racconterò la storia di un uomo che è morto per colpa della Mafia. Don Giuseppe Diana chiamato anche Peppe Diana. Egli nacque nel 4 luglio 1958 a Casal di Principe in provincia di Caserta. Si iscrisse alla facoltà di filosofia presso l’Università Federico II di Napoli. Nel 1978 entrò nell’Associazione Guide e Scouts Cattolici italiani (AGESCI), come caporeparto. Venne ordinato diacono a 23 anni, il 25 aprile nel 1981 e nello stesso anno ottenne il Baccellierato Canonico in Teologia. Venne ordinato sacerdote un anno più tardi.Lui lavora nell’antimafia. Venne ucciso alle 7:20 del 19 marzo del 1994 giorno del suo onomastico nella chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe. Poco prima di celebrare la santa messa il killer sparò 5 colpi di pistola (due alla testa, uno al volto, uno alla mano e uno al collo) uccidendo il don all’istante. L’allora Pontefice, Giovanni Paolo II, lo ricordò durante l’Angelus del 20 marzo 1994. Ai funerali parteciparono circa ventimila persone e alle finestre furono stese lenzuola bianche. Io vorrei ricordare che è stato un grande eroe, mi dispiace molto che lui venne ucciso dai mafiosi.

DON PEPPE DIANA

DANIELE RAMOS

Cesare Terranova è nato a Petralia il 15 agosto 1921. È stato un politico magistrato italiano. Nel 1958 si trasferì al tribunale di Palermo e incominciò a lavorare all’ufficio istruzione. Come giudice istruttore a Palermo, condusse numerose indagini ed emanò sentenze istruttorie che portarono a vari processi anti mafia anche contro la cosca di Corleone soprannominata dai giornali “Anomina Assassini”. Molti anni dopo Terranova divenne procuratore della Repubblica a Marsala nell'agosto del 1971: qui raggiunse una discreta fama mediatica allorché dovette occuparsi del rapimento e dell'omicidio di tre bambine per opera di quello che la stampa definì il "mostro di Marsala". Nonostante la moltitudine di segnalazioni e di pressioni, tese a colpevolizzare un qualunque sospettato, Terranova cercò tenacemente il colpevole: Michele Vinci, zio di Antonella, che confessò il delitto e che, dopo gli attenti riscontri operati dalla polizia sotto la supervisione del magistrato, fu arrestato e condannato. Fu deputato alla Camera, nella lista del PCI, come indipendente di sinistra, eletto, nel collegio della Sicilia occidentale, nel 1972 e rieletto nel 1976, fino al 1979,[5] e fu segretario della Commissione parlamentare Antimafia. Il 25 settembre del 1979 mentre stava andando al lavoro in macchina, incontrò dei lavori in corso che si rivelarono un agguato: venne ucciso da dei mafiosi con un fucile.

CESARE TERRANOVA

ALAN CUOCCI

Rocco Chinnici è nato il 19 gennaio del 1925 Misilmeri a (PA). È stato un magistrato. Entrò nella magistratura nel 1952, avendo come prima destinazione il tribunale di Trapani come uditore Giudiziario. Nel 1970 gli fu assegnato il caso cosiddetta “strage di Viale Lazio in cui figurano molti nomi di criminali di mafia destinati a diventare tristemente famosi. Chinnici ebbe l'idea di istituire una struttura collaborativa fra i magistrati dell'Ufficio (poi nota come pool antimafia), per evitare che giudici e poliziotti rimanessero isolati. Entrarono a far parte della sua squadra alcuni giovani magistrati fra i quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il primo grande processo a Cosa nostra, il cosiddetto maxi processo di Palermo, è il risultato del lavoro istruttorio svolto da Chinnici. Rocco Chinnici fu ucciso alle 8 del mattino del 29 luglio nel 983 con una fiat 126 verde, imbottita con 75 kg di esplosivo, parcheggiata davanti alla sua abitazione in via Pipitone a Palermo all’età di 58 anni. Una sua frase che è diventata famosa è: “Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai.”

ROCCO CHINNICI

ROMINA COBOS

Nato a Canicattì, dopo aver conseguito la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo, si iscrisse nel 1971 alla facoltà di giurisprudenza di Palermo, dove si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l'Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta.Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere. Nella sua attività investigativa si occupò di quella che sarebbe stata la Tangentopoli siciliana, mettendo a segno parecchi colpi contro le organizzazioni mafiose attraverso il sequestro di beni.Venne ucciso il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in competizione con Cosa Nostra. Del delitto fu testimone oculare Pietro Nava, sulla base delle cui dichiarazioni furono individuati gli esecutori dell'omicidio.Nel 1993 il vescovo di Catania Luigi Bommarito, già vescovo di Agrigento, incaricò Ida Abate, che del giudice fu insegnante, di raccogliere testimonianze per la causa di beatificazione. Nel 2006 fu realizzato anche il film-documentario "Luce verticale: Rosario Livatino - un martirio", per promuoverne la causa di beatificazione.

ROSARIO LIVATINO

AHMED MATR

Emanuela Loi era una ragazza che fin da bambina voleva fare la poliziotta e ci riuscì.Nel 1989 infatti entrò nella Polizia di Stato e nel giugno del 1992 venne assegnata a Palermo alla protezione del giudice Paolo Borsellino che combatteva la mafia. Fu tra le prime donne poliziotto a far parte di una scorta ed era molto coraggiosa. Emanuela Loi è morta a soli 25 anni nella strage di via D’Amelio mentre proteggeva il giudice Borsellino. In via D’Amelio vivevano la mamma e la sorella del giudice che lui era andato a trovare il 19/07/1992. La strage è stata organizzata dalla mafia che ha fatto esplodere una macchina con 90 chili di esplosivo sotto la casa di via D’Amelio dove c’era Emanuela Loi, il giudice e gli altri poliziotti della scorta.

EMANUELA LOI

Questa è la foto della strage di Via D’Amelio. L’esplosione ha distrutto tutte le macchine e ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta (tra uno che è sopravvissuto).

MARTA CIANFRANI

PIO LA TORRE nacque a Palermo, nella frazione di Altarello di Baida, il 24 dicembre 1927. Fu un politico e sindacalista italiano. La sua famiglia fu molto povera e lui, sin da giovane, si impegnò nella lotta per i diritti dei più deboli e bisognosi. A 18 anni si iscrisse alla facoltà di ragioneria e iniziò la sua attività di sindacalista combattendo per la liberazione della terra. Il suo slogan era “la terra a tutti” Durante una delle battaglie fu arrestato e scontò 17 mesi di carcere. Nel 1972 fu eletto al Parlamento ed entrò a far parte della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia. Il 4 gennaio 1976 Pio La Torre firmò, insieme al giudice Cesare Terranova, la relazione di minoranza che metteva in luce i legami tra la mafia e importanti uomini politici. Alla relazione aggiunse la proposta di legge che prevedeva l’introduzione nel diritto penale di un nuovo articolo, il 416 bis che avrebbe previsto il reato di associazione di stampo mafioso. La proposta di legge segnò una svolta radicale nella lotta contro la criminalità mafiosa. Il 30 aprile del 1982, alle nove del mattino Pio La Torre, insieme a Rosario Di Salvo, stava raggiungendo in auto, una Fiat 132, la sede del partito. In via Vincenzo Li Muli, una moto sbarrò la strada alla macchina, obbligandola a fermarsi. Gli uomini a bordo cominciarono a crivellare l'auto di colpi, tutti in direzione di La Torre. Da un'altra auto scesero altri killer per completare l'opera: Pio La Torre morì sul colpo. Quattro anni dopo la sua uccisione, nel maggio del 1986, nacque, ad Alcamo, il Centro di studi ed iniziative culturali “Pio La Torre”. Missione del centro è quella di valorizzare il patrimonio ideale e politico segnato dalla vita e dall'opera di Pio La Torre. Il patrimonio che appartiene a tutti i lavoratori, alla gente onesta, a tutti quelli che lottano e operano contro la mafia e contro lo sfruttamento. Pio La Torre svolse la sua attività di contrasto alla criminalità organizzata con la seguente convinzione “Lo so… lo so che a voi la mafia sembra un’onda inarrestabile… ma la mafia si può fermare e insieme la fermeremo!”.

PIO LA TORRE

ALEKSANDRA TRUNZO

Piersanti Mattarella è nato nel Castellammare del Golfo, il 24 Maggio 1953 e di professione faceva l’insegnante .Piersanti Mattarella si è laureato in Giurisprudenza e ha insegnato per molti anni all'università .Lo ricordiamo perchè ha combattuto contro la criminalità ed è stato il Presidente della regione Sicilia. E' morto a Palermo 6 gennaio 1980 per mano di un killer nel giorno della Epifania mentre si recava a messa con la suocera e i due figli: il killer si è avvicinato alla macchina e gli ha sparato a bruciapelo.Piersanti Mattarella è diventato famoso per aver combattuto da solo contro la mafia portando avanti numerose riforme all'interno della regione Sicilia perchè la Sicilia doveva mostrarsi 'con le carte in regola'

La biografia di Piersanti Mattarella

ALLISON CHAVEZ

GRAZIELLA CAMPAGNA

Cresciuta in una famiglia numerosa (erano sette tra fratelli e sorelle) a Saponara Superiore, abbandona gli studi e trova lavoro come aiuto lavandaia in una città vicina, Villafranca Tirrena.Svolgendo quest'attività, un giorno trova un documento nella tasca di una camicia che rivela che il suo cliente è un latitante. Quest'informazione le costerà la vita.Il 12 dicembre, dopo aver finito di lavorare, va come di consueto ad aspettare l'autobus che la condurrebbe a casa. Invece testimoni affermarono che lei quella sera salì su un'auto sconosciuta .Due giorni dopo il corpo fu ritrovato a Forte Campone - vicino a Villafranca Tirrena - e riconosciuto dal fratello, Pietro Campagna. Aveva cinque ferite d'arma da fuoco, rivelatasi una lupara calibro 12 che sparò da non più di due metri di distanza dalla vittima. Le ferite erano sulla mano e sul braccio (con cui probabilmente tentò di proteggersi), all'addome, alla spalla, alla testa e al petto.

CHARME GATCHALIAN

FATIMA ABOUTALEB

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ALMA GOBER

GIAMBATTISTA LONGONI

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