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Nel mezzo del cammin...

Marzo 2021

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.

Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. Per più fiate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disiato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante. Dante Gabriel Rossetti, Paolo e Francesca da Rimini (1867)

....apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com’ella sae veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui qui est omnia secula benedictus.

Modi di dire danteschi 6. Stai fresco (Inf. XXXII, 117) 7. Non mi tange (Inf. II, 91-92) 8. Il bel Paese (Inf. XXXIII, 80) 9. Il gran rifiuto (Inf. III, 59-60) 10. Cosa fatta capo ha (Inf. XXVIII, 107)

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte: Caina attende chi a vita ci spense. Giuseppe Fraccheri, Dante e Virgilio incontrano Paolo e Francesca (1848)

Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore; fecemi la divina podestate, la somma sapïenza e ‘l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

Caron dimonio, con occhi di bragia loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s'adagia. Michelangelo Buonarroti, particolare del Giudizio Universale

Libertà va cercando, ch'è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta.

Tanto gentile e tanto onesta parela donna mia, quand'ella altrui saluta,ch'ogne lingua devèn, tremando, muta,e li occhi no l'ardiscon di guardare.Ella si va, sentendosi laudare,benignamente e d'umiltà vestuta,e par che sia una cosa venutada cielo in terra a miracol mostrare.Mostrasi sì piacente a chi la mirache dà per li occhi una dolcezza al core,che 'ntender no la può chi no la prova;e par che de la sua labbia si movaun spirito soave pien d'amore,che va dicendo a l'anima: Sospira.

Se mala cupidigia altro vi grida, uomini siate, e non pecore matte, sì che ‘l Giudeo di voi tra voi non rida! Non fate com’agnel che lascia il latte de la sua madre, e semplice e lascivo seco medesmo a suo piacer combatte! Domenico di Michelino, La Divina Commedia illumina Firenze i non rida!

Ed una lupa, che di tutte bramesembiava carca ne la sua magrezza,e molte genti fé già viver grame,questa mi porse tanto di gravezzacon la paura ch’uscia di sua vista,ch’io perdei la speranza de l’altezza.

La meretrice che mai da l’ospizio di Cesare non torse li occhi putti, morte comune e de le corti vizio, infiammò contra me li animi tutti; e li ’nfiammati infiammar sì Augusto, che ’ lieti onor tornaro in tristi lutti.

Modi di dire danteschi... 1. Fa tremar le vene e i polsi (Inferno I, 90) 2. Lasciate ogni speranza voi che entrate (Inferno III, 9) 3. Senza infamia e senza lodo (Inferno III, 36) 4. Non ragioniam di loro ma guarda e passa (Inferno III, 51) 5. Galeotto fu... (Inferno V, 37)

ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fè, disfecemi Maremma: salsi colui che 'nnanellata pria disposando m'avea con la sua gemma. Dante Gabriel Rossetti, Pia de' Tolomei (1868)

Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno,che lascia dietro a sé mar sì crudele; e canterò di quel secondo regno dove l’umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno.

Poscia che fummo al quarto dì venuti,Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,dicendo: "Padre mio, ché non m'aiuti?". Quivi morì; e come tu mi vedi,vid' io cascar li tre ad uno ad unotra 'l quinto dì e 'l sesto; ond' io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno,e due dì li chiamai, poi che fur morti.Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno.

Ma perch’io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso. La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi; tanto che ‘l venerabile Bernardo si scalzò prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo.

Io ritornai da la santissima ondarifatto sì come piante novellerinnovellate di novella fronda, puro e disposto a salire alle stelle.

La gloria di colui che tutto move per l’universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove.Nel ciel che più de la sua luce prende fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende;perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire.

Trasumanar significar per verba non si poria; però l’essemplo basti a cui esperïenza grazia serba.

Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura.

A l’alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e ’l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle.