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VERSO IL BELVEDERE

PCTO 2019/2020

CARATTERISTICHE ITINERARIO

SENTIERO

FAUNA

FLORA

COME ARRIVARCI

INFO AUTORI

GEOMORFOLOGIA

Il percorso dalla sede della scuola (sede CAI) al sito di interesse

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SENTIERO

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LA BRIGLIA Dagli inizi del Novecento le acque del Rio Citate vengono controllate attraverso la costruzione di argini che lo deviano verso Nord.I primi interventi di regimazione erano molto blandi: la potenza del conoide era stata sottovalutata, come riporta Michele Gortani. Nel 1905, infatti, a seguito di un’alluvione, del materiale detritico si riversò fino alle campagne di Tolmezzo. Dopo questi fatti, lo stesso Gortani dedicò uno studio al conoide, concludendo che bisognava "lasciar vagare la Citate a suo talento", limitandosi a impedire che le alluvioni raggiungessero le strade.Dagli anni '20 si ebbe la costruzione delle briglie di trattenuta e correzione del profilo lungo la Citate, visibili ancora oggi. Ulteriori successivi tratti di briglia sono stati eretti, ad opera del Corpo Forestale, fino ai giorni nostri.

IL CONOIDE DEI RIVOLI BIANCHI Il secondo punto di interesse del percorso è il Conoide dei Rivoli Bianchi, uno dei più estesi in Europa. Il conoide, dal punto di vista geologico, viene definito come un deposito torrentizio caratterizzato da una forma convessa simile ad un ventaglio. Quello dei Rivoli Bianchi occupa una superficie di oltre 2 Km² ed è costituito quasi completamente da detriti di Dolomia principale, abbondante in tutta la Carnia, e che provengono dall’erosione del Monte Amariana operata dall’azione del torrente Citate. Il conoide è da considerarsi attivo, in quanto il torrente continua ancora oggi a trasportare frammenti di roccia, sebbene sia stata costruita una briglia che convoglia le acque del torrente, facendole confluire in una sola parte del Conoide (quella a sinistra, completamente bianca). Nella parte destra, non interessata dal movimento dovuto all’azione dell’acqua, si può notare una fitta vegetazione, costituita prevalentemente da piante erbacee, arbusti e piccoli alberi. Tra tutti spicca per altezza il pino nero, anche se le sue dimensioni sono molto ridotte. Sono così basse a causa del terreno roccioso che non permette radici profonde. Il Conoide è attraversato da numerosi sentieri, sul cui percorso sono stati posizionati alcuni cartelli informativi riguardo la geomorfologia del territorio, la flora e la fauna che lì si trovano.

IMBOCCO DEL SENTIERO CHE PORTA AL CONOIDE Lungo via Illegio e non lontano dalla palestra di roccia c’è uno spiazzo che permette una prima osservazione dell’area di interesse: ponendoci con la palestra di roccia alle spalle e guardando di fronte troviamo il grande Conoide dei Rivoli Bianchi, percorribile fino in cima alla briglia attraverso un sentiero sterrato sottostante. Alle spalle del conoide si erge il monte Amariana e, spostato sulla destra, il monte Amarianute. È interessante notare che, spostando lo sguardo dalla parte attiva del conoide sulla sinistra, a quella inattiva sulla destra, la vegetazione cambia molto: si passa da un terreno privo di piante ad un concentrato di pini neri sempre più fitti; le caratteristiche della flora del conoide sono specificate in breve nel punto dedicato.

IL BELVEDERE DEL M. AMARIANUTE Il Belvedere del M. Amarianute, raggiungibile percorrendo il Troi Martin, permette di godere di un ampio panorama sul tratto del fiume Tagliamento che costeggia l’abitato di Tolmezzo; del fiume si può apprezzare la morfologia a canali intrecciati che caratterizza il tratto mediano del fiume; verso Sud Est è osservabile una parte del Lago di Cavazzo e procedendo verso Sud e Ovest si può apprezzare un panorama sui monti che circondano la Conca Tolmezzina e l’abitato della zona industriale della città alpina.

INDICAZIONI UTILI

Punto di partenza e di arrivo: località Pissebus di Tolmezzo, subito dopo le ultime case, sulla sinistra è presente una strada sterrata con segnalazioni per la Roggia di Illegio. Altitudine minima: 323 s.l.m Altitudine massima: 768 s.l.m Dislivello: 445 m

Difficoltà: turistico conoide, EE Troi MartinLunghezza percorso: 5,2 km circaDurata: 4 ore

COME RAGGIUNGERE IL SENTIERO Raggiunta la località Pissebus di Tolmezzo, dopo le ultime case, sulla sinistra si prende la strada sterrata con segnalazioni per la Roggia Di Illegio che poi si congiunge con il sentiero degli Alberi Amici. Proseguendo, dopo circa 1,5 km, si giunge alla base della palestra di roccia del M. Strabut. Si prosegue poi lungo il geo-itinerario che porta alla cima del conoide. Dopo essere arrivati sulla punta, si scende affiancando la montagna sulla propria sinistra e si giunge ad un bivio (dopo circa un km); sulla sinistra si procede prendendo il sentiero “Troi Martin” che è quello che “scala” la montagna e dopo 45 minuti porta ad un altro bivio: nel nostro percorso non bisogna proseguire con la salita ma svoltare a destra per il Belvedere. Dopo qualche minuto si giunge a destinazione. Per il ritorno si scende dal Troi Martin e, si prosegue percorrendo un’altra via che costeggia il Rio Lavaris raggiungendo nuovamente la località di Pissebus. DESCRIZIONE BREVE E GENERALE L’itinerario ad anello permette di scoprire le caratteristiche geologiche, geomorfologiche e naturalistiche che rendono quest’area un sito di interesse sovranazionale. Il percorso comprende il geo-itinerario del Conoide dei Rivoli Bianchi e il sentiero Troi Martin, che porta al Belvedere del M. Amarianute. Il sentiero che si trova sul Conoide dei Rivoli Bianchi, realizzato in collaborazione con il CAI-Sezione di Tolmezzo e con la Città di Tolmezzo, è dotato di pannelli che forniscono informazioni riguardo alla geologia dell’area, al tipo di roccia affiorante (la Dolomia Principale), alle testimonianze fossili qui rinvenute (tra cui megalodonti e gasteropodi), alla flora e alla fauna tipica degli ambienti di ghiaione. Il percorso che attraverso il Troi Martin porta al Belvedere del M. Amarianute permette di osservare la vegetazione del bosco misto e, giunti in quota e circondati dalle montagne carniche, di osservare un ampio panorama sulla conca tolmezzina e località limitrofe (Cavazzo Carnico, Villa Santina).

GEOMORFOLOGIA

Il Monte Amariana (La Mariane in friulano), con i suoi 1906 metri di altitudine, è una delle montagne più alte del suolo carnico. Svetta a est della conca tolmezzina, a monte della confluenza tra il fiume Tagliamento e il fiume Fella.

MONTE AMARIANA Nella sua parte più alta si possono notare particolari stratificazioni. Si tratta di strati sedimentari dolomitici appartenenti alla Dolomia Principale. A questi si aggiungono esigui spessori di Calcare di Dachstein e di Calcari Grigi di età giurassica inferiore. L'area è attraversata da varie faglie, prodotte in seguito ai fenomeni tettonici ed orogenetici. Una delle faglie più importanti è quella percorsa dal rio Citate che, con i suoi detriti, continua da quasi 20000 anni ad alimentare uno dei conoidi più grandi a livello europeo, il Conoide dei Rivoli Bianchi.

GEOMORFOLOGIA: le rocce sedimentarie della zona di interesse

ROCCE SEDIMENTARIE Le rocce sedimentarie sono un tipo di rocce formate dall'accumulo di sedimenti di origine organica e inorganica, derivanti in gran parte dalla degradazione e dall’erosione di rocce preesistenti, trasportati dagli agenti esogeni: acqua, vento, ghiaccio. Ci sono tre principali gruppi di queste rocce: quelle clastiche (o detritiche) quelle organogene (o biogene) e quelle chimiche. Il lento passaggio da sedimenti, formati da frammenti distinti, a rocce sedimentarie vere e proprie, avviene per un insieme di fenomeni che prendono il nome di diagenesi. Durante la diagenesi avvengono la compattazione e la cementazione dei sedimenti: la compattazione consiste in una diminuzione del volume occupato dai sedimenti, dovuta alla pressione esercitata dai sedimenti sovrastanti, che intanto continuano ad accumularsi, la cementazione è prodotta invece dalle acque che circolano nei sedimenti sfruttando la presenza dei pori e che portano in soluzione alcune sostanze; col tempo tali sostanze possono precipitare chimicamente e riempire i fori, cementando i granuli.

CALCARE DI DACHSTEIN Il calcare di Dachstein (Dachsteinkalk) è una stratificazione carbonatica che affiora principalmente nelle Alpi calcaree settentrionali e nelle Alpi Giulie. È diviso in due diverse fasce: da calcari micritici grigio chiari, di spessore metrico, e da più sottili strati stromatolitici. É costituito da calcare grigio chiaro e biancastro, spesso ricco di resti fossili (bivalvi, coralli e brachiopodi). Grazie a questi fossili guida si è potuto definire che questo calcare risale alla fine del Norico e si “estinse” durante il Giurassico inferiore. Venne descritto per la prima volta dal pioniere e scienziato naturale Friedrich Simoni nel XIX secolo. CALCARE GIURASSICO I calcari giurassici che giacciono sopra il Calcare di Chiampomano e il Calcare Dachstein testimoniano una stabile espansione del mare relativamente profondo anche sulle zone di piattaforma prossime al Bacino Carnico. Gli organismi fossili sono rappresentati soprattutto da resti mineralizzati come le conchiglie dei molluschi, i rostri dei belemnoidi e gli articoli dei crinoidi.

ROCCIA DOLOMIA PRINCIPALE La Dolomia è una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale dolomite, chimicamente un carbonato doppio di calcio e magnesio (MgCa(CO3)2). I detriti che formano l'accumulo del Conoide Rivoli Bianchi provengono dal disfacimento del nucleo centrale del Monte Amariana, formato da sedimenti carbonatici di età Triassica superiore (Dolomia principale). Si tratta di dolomie cristalline in grossi banchi, cui si alternano dolomie a grana finissima e dolomie stromatolitiche. Queste rocce resistono bene agli agenti atmosferici, ma sono facili a fratture a causa della loro poca plasticità. Una intensa fratturazione è stata prodotta durante il processo orogenetico alpino.

FAUNA

Le frequenti esercitazioni militari e il continuo passaggio di mezzi lungo i Rivoli Bianchi hanno effetti limitanti per la fauna maggiore che invece cerca maggiore tranquillità e che li frequenta solamente per rapidi passaggi oppure durante la notte. Resiste, al contrario, la fauna minore che riesce anche a sopportare la forte esposizione al sole, l'aridità e la forte e persistente ventilazione sul conoide.

I mammiferi più frequenti sono la lepre e la volpe, ma sono presenti anche caprioli, camosci e talvolta anche cinghiali. Grazie alla vasta presenza di insetti c'è un' avifauna molto varia che comprende per esempio l'upupa, la poiana, i corvidi e le allodole; sono inoltre stati avvistati anche grifoni, ma sopra la cima del M. Amariana, provenienti molto probabilmente dal vicino Lago di Cornino. Tra i rettili è molto diffusa la lucertola muraiola, l'orbettino, il biacco e meno frequentemente il saettone e la vipera dal corno. Gli anfibi più diffusi sono la rana verde e il rospo comune, e nella boscaglia la salamandra pezzata.

VIPERA DEL CORNO (Vipera ammodytes) Nomi regionali: Lìpare dal ričûl La vipera dal corno ama i pendii rocciosi con vegetazione bassa e rada. Molto difficilmente vive nei boschi. Purtroppo questa vipera tende ad avvicinarsi agli insediamenti umani ed è facile incontrarla nei vigneti, nei campi agricoli ed ovunque siano presenti muri in pietra e cumuli di macerie. Può raggiungere i 90 cm di lunghezza ed eccezionalmente superare il metro. Lungo il dorso corre un disegno di colore più scuro somigliante a una linea a zigzag o una serie di rombi uniti. Ha una testa dall’aspetto truce, triangolare molto larga alla base, ben distinta dal collo e all'apice del muso è presente il caratteristico cornetto che è un’appendice carnosa morbida e flessibile, si sviluppa per una lunghezza di circa 5 mm e punta diagonalmente in avanti. Gli occhi hanno una pupilla ellittica verticale. È molto attiva all’alba e al crepuscolo; durante la stagione estiva trascorre le ore più calde tra rocce e cespugli, per le rimanenti ama stare sdraiata a “prendere il sole” in quanto è fondamentale per poter regolare la propria temperatura. Possiede un veleno emotossico, cioè le tossine che compongono il veleno distruggono i globuli rossi, e neurotossico, cioè le tossine colpiscono le cellule del sistema nervoso, e per questo è il serpente più pericoloso per l'uomo tra le vipere osservate in Italia, anche se è timido e tende alla fuga in presenza di pericoli. Dopo pochi minuti dal morso compaiono dolore, necrosi, ematomi e gonfiore. La vipera dal corno è una specie protetta.

VOLPE (Vulpes vulpes) Nomi regionali: Bolp La volpe è un ottimo corridore e saltatore. È un animale notturno, ma spesso e volentieri è attivo anche durante il giorno. Il suo atteggiamento, tuttavia, è piuttosto schivo e timoroso, quindi si ripara nei cespugli, in fossi e tane scavate nel terreno o si appropria delle case abbandonate da altri animali notturni di campagna, come tassi e istrici. La sua coda, folta e dalla punta bianca, ha una triplice funzionalità: riconoscere le altre specie, allontanare gli insetti venendo agitata, essere usata come un cuscino per dormire. Inoltre, il colore degli occhi può variare dall’arancione al giallo oro. La velocità che può raggiungere una volpe è di 72 Km/h.

RAMARRO (Lacerta viridis) Nomi regionali: Sborf Frequenta luoghi con una fitta copertura vegetale come margini di boschi, zone cespugliate, radure erbose, prati e campi coltivati, oppure in luoghi che presentano strutture sassose come pinete litoranee, pietraie e sponde di corsi d’acqua. La colorazione della pelle è verde brillante o verde-brunastra; nelle femmine e nei giovani sono presenti delle striature longitudinali di colore chiaro. Il ventre è tendente al giallo e nel periodo degli amori la gola dei maschi diventa azzurra. Ha abitudini diurne ed è attivo da marzo a ottobre, infatti trascorre il periodo invernale in cavità del suolo, sotto sassi o sotto le radici degli alberi. Mostra grande agilità, corre molto veloce ed è un buon nuotatore, saltatore e arrampicatore. Di regola vive solitario, ad eccezione del periodo degli amori quando si possono osservare più esemplari in aree relativamente piccole. I maschi si scontrano spesso in combattimento per il possesso dei territori. Questi combattimenti possono avvenire anche con bisce di grosse dimensioni.

POIANA (Buteo buteo) Nomi regionali: Pojane, Ucelat, Cognàs La poiana comune è un uccello rapace con ali ampie e arrotondate ed è dotato di una coda piuttosto corta. È un predatore di abilità relativamente scarsa, si comporta da opportunista. Si ciba di prede come piccoli mammiferi roditori come topi, arvicole, toporagni, lepri e conigli selvatici. Può anche cacciare uccelli e nidiacei, rettili, invertebrati e anfibi. Il richiamo è un alto e lamentevole più spesso allungato o anche una corta nota gracchiante.

ORBETTINO ITALIANO (Anguis veronensis) Nomi regionali: Vuarbite, Vuarbisine L’orbettino è un sauro che nella sua storia evolutiva ha perduto le zampe. Si muove strisciando come un serpente, ma, come le lucertole, mantiene la capacità di perdere la coda per liberarsi, nel caso in cui venga catturato. Possiede meno vertebre dei serpenti e si distingue da loro per la presenza di palpebre che si chiudono e delle piccolissime zampe anteriori e posteriori che sono il retaggio della sua evoluzione. Il corpo, cilindrico, lungo mediamente intorno ai 50 cm, è ricoperto di squame lisce e lucenti, di colore marrone o grigio con riflessi rameici; le femmine hanno spesso una striscia vertebrale e sui fianchi piuttosto scura; i giovani hanno livree dorate o argentate. Sono animali molto longevi: raggiungono anche i 50 anni di età. Questo rettile non possiede né i denti veleniferi né le mascelle snodabili dei serpenti e quindi non può ingoiare prede troppo grandi. In genere, durante le ore calde del giorno, per la sua esigua necessità di calore (a differenza del resto dei rettili), resta riparato in una buca, sotto un sasso o in un tronco marcescente. Infatti, ha abitudini quasi esclusivamente crepuscolari ed esce soprattutto la mattina e la sera, strisciando lentamente e con circospezione tra le foglie alla ricerca del suo cibo principale, insetti e piccole lumache.

GRIFONE (Gyps fulvus) Nomi regionali: Grifon Amante delle impervie, di solito il grifone vive in colonie che gravitano su pareti rocciose inaccessibili. Il grifone costruisce il nido sulla roccia, talvolta anche su grandi alberi, mentre si spinge fino a pascoli e praterie per procurarsi il cibo. È un uccello di notevoli dimensioni con una lunghezza di 100-125 cm e un'apertura alare di 235-290 cm. Le ampie ali consentono di raggiungere in volo notevoli altezze, dalle quali si dirige in picchiata a terra quando, grazie alla vista acutissima, individua una carcassa, della quale si ciba. La ricerca del cibo avviene durante le lunghe perlustrazioni del territorio con il volo planato di più individui costituendo una rete d'informazione visiva. L'altezza del volo è inversamente relazionata al numero degli animali presenti in quel territorio: quando il numero è ridotto volano a quote alte per poter monitorare una superficie più vasta, mentre se il numero è abbondante formano delle reti ad altezze minori. Una volta individuata la carcassa i grifoni iniziano la fase di discesa cha avviene eseguendo ampi cerchi nel cielo, questa modalità di discesa costituisce un segnale di richiamo per altri grifoni interpretato come presenza di un pasto. Può volare sino ai 6000 metri di quota solo sfruttando le correnti ascensionali.

FLORA

Dal punto di vista botanico il Conoide rappresenta un habitat naturale di notevole interesse. Esso è un ambiente generalmente ostile alla vita; nonostante ciò, alcune specie riescono ad adattarsi al suolo povero di sostanze nutritive e, inoltre, a modificarlo rendendolo più adatto ad accogliere altre specie. Il bosco misto che si incontra salendo il M. Amrianute vede la presenza del faggio, del pino silvestre e di altre specie mesofile. Di lato alcune specie presenti lungo l'anello.

Queste piante sono denominate "pioniere" poiché sono le prime ad insediarsi su un terreno, oppure "glareofite" in quanto adattate a vivere sui ghiaioni. Per quanto riguarda il Troi Martin ci si ritrova a camminare su un sentiero naturale delimitato da faggi e specie tipiche del bosco misto.

PINO SILVESTRE (Pinus sylvestris) Famiglia: Pinaceae. Genere: Pinus. Nomi regionali: Pin, Pin blanc. Forma biologica: Fanerofite arboree. Habitus: Arboreo sempreverde. Dimensioni: Fino a 30 m. Fusto epigeo: Tronco eretto che nella parte basale ha la scorza grigio bruna, rugosa e spessa, metre nella parte alta, come sui rami, assume la caratteristica colorazione ruggine, è liscia e si desquama facilmente. Foglie: Aghiformi sempreverdi. Gli aghi sono rigidi, lunghi fino a 5cm, e si trovano riuniti a coppie su brachiblasti. Infiorescenza: Specie monoica. L’ infiorescenza maschile è formata da coni (6-7 mm) formati da squame sovrapposte con sacchi pollinici all’esterno, e si trova alla base del getto primaverile. Quella femminile invece si trova sotto la gemma apicale, è di forma ovale e (5-7 mm), di colore rossastro. Frutto: Strobili eretti lunghi di circa 5 cm, verdastri inizialmente, diventano bruno-grigiastri a maturità. Le squame presentano apofisi poco rilevate, ma che sono caratterizzate da due carene evidenti che si incrociano a 90°. Habitat: Clima continentale temperato freddo, adattabile ai diversi tipi di suolo. Distribuzione regionale: Piano montano e submontano, introdotto in pianura. Distribuzione nazionale: Zone alpine e limitrofe del Nord Italia ed alcune zone dell’Appennino. Distribuzione altitudinale (s.l.m.): 100-1800 m Curiosità: È la specie del genere Pinus con l’areale più vasto in Europa. specie importante sia per la produzione di legname che per l’impiego nell’ industria farmaceutica: ad esempio, le gemme sono molto ricche di principi attivi, e quelli balsamici sono utili a curare tosse o infezioni delle vie aeree.

FAGGIO (Fagus sylvatica) Famiglia: Fagaceae. Genere: Angiosperme dicotiledoni. Nomi regionali: Faiâr, Fau, Vespul. Forma biologica: Fanerofite arboree. Habitus: Arboreo a foglie caduche. Dimensioni: Dai 15–20 m fino ai 30–35 m. Fusto epigeo: Tronco eretto, ramoso, corteccia grigio-scura, lucida a lenticelle trasversali; brachiblasti brevi di 1-2 cm, a corteccia anellata. Foglie: Intere, ovali, a margine quasi intero e ondulato, picciolate con stipole caduche e lunghe 6-10 cm, punta ottusa, alterne; pagina superiore lucida, quella inferiore pubescente fra le nervature. Infiorescenza: Amento maschile ovale e sub-sferico, pendulo, di 2 cm; fiori femminili solitari o a due, peduncolati avvolti nel perianzio peloso. Frutto: Nucula a sezione triangolare, completamente avvolta da una cupula legnosa (faggiola), derivata da 4-5 valve con piccoli aculei incurvati o patenti fiorali, due nucule per faggiola. Habitat: Si adatta a qualsiasi terreno. In condizioni sfavorevoli si presenta come un arbusto prostrato e molto ramificato, adatto a sopportare il peso del manto nevoso per lunghi periodi. Distribuzione regionale: In tutta la fascia collinare e montana. Distribuzione nazionale: In Italia il faggio è presente sulle Alpi, sugli Appennini, sui Nebrodi, sulle Madonie e sull'Etna. è invece assente allo stato naturale in Sardegna. Distribuzione altitudinale (s.l.m.): 0-2000m Curiosità: È una pianta monoica che produce fiori maschili e femminili sulla stessa pianta ma in posizioni diverse. I fiori maschili sono riuniti in amenti tondi e penduli, lungamente picciolati; quelli femminili sono accoppiati in un involucro detto cupola e hanno ovario triloculare. La fioritura avviene generalmente nel mese di maggio.

RAPONZOLO DELLE ROCCE (Physoplexis comosace) Famiglia: Campanulaceae. Genere: Phyloplexis. Nome regionale: Rasponzul. Forma biologica: Emicriptofita scaposa. Habitus e forma di crescita: Erbacea perenne. Dimensioni: 5-20 cm. Fusto epigeo: Striato, di colore violaceo, di portamento pendente. Foglie: Di colore verde-grigio e lucide sulla parte superiore. Le foglie basali hanno un lungo picciolo, i bordi dentati e cigliati. Le foglie del fusto hanno i bordi dentati e, se superiori, sono ravvicinate. Infiorescenza: rotondeggiante, formata da un unico “capolino” di 3-7 cm di diametro, composto da 15-30 fiori. Fiori: Sono peduncolati lunghi dai 12 ai 22 mm, di colore violetto pallido o viola scuro. Fiorisce da luglio ad agosto. Frutti: A capsula. La deiscenza avviene tramite 2-3 pori situati nella parte laterale. I semi sono molto piccoli. Habitat: Fessure umide e ombrose nelle rupi calcaree. Aderiscono su un substrato calcareo con pH basico; il terreno deve essere mediamente umido. Distribuzione regionale: Alpi e Prealpi. Distribuzione nazionale: In Italia si trova soprattutto su Alpi e Prealpi centro-orientali (Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia). Distribuzione altitudinale: Da 300 a 2000 m s.l.m, in particolare nell’ambiente subalpino e montano. Curiosità: Per vivere nelle fessure la pianta sviluppa un grande apparato radicale, per cui quello che vediamo è soltanto un decimo dell’intero vegetale: tentare di strappare le piante delle rocce vuol solo dire ucciderle. In Friuli è una specie protetta.

EUFORBIA DELLA CARNIA (Euphorbia kerneri) Famiglia: Euphorbiaceae. Genere: Euphorbia. Nomi regionali: Latat de Čjargne. Forma biologica: Camefita fruticosa. Habitus e forma di crescita: Erbaceo perenne. Dimensioni: 6-15 cm, ma anche fino a 30 cm. Fusto epigeo: Legnoso alla base, glabro, strisciante, ascendente, in genere arrossato in basso. Foglie: Spesso molto addensate alla base, con margine seghettato. Le foglie del fusto sono ovate, quelle superiori più grandi e glauche. Infiorescenza: Ombrella terminale a 5 raggi. Fiori: Ciazio con brattee reniformi; involucro con ghiandole brune. Fiore unisessuali all'interno. Fiorisce da maggio a luglio. Frutti: Capsula di 3-4 mm, glabra. Habitat: Prati magri. In regione ha distribuzione concentrata sugli alvei dei fiumi torrentizi. Cresce sui greti dei torrenti e su substrati ghiaiosi. Distribuzione regionale: Tutto il territorio tranne la bassa pianura friulana. Distribuzione nazionale: Friuli-Venezia Giulia e in alcune parti del Veneto (lungo il Piave). Distribuzione altitudinale: 200-1500 m s.l.m. Curiosità: Il nome del genere ha origine da Euforbo, medico del Re Giuba II di Mauritania (I sec. a.C. - I sec. d.C.), che secondo Plinio scoprì le sue proprietà, mentre il nome specifico si riferisce alle capsule coperte da verruche. Il lattice è velenoso ed irritante per le mucose.

FIORDALISO GIALLO-ROSEO (Centaurea dichroantha) Famiglia: Asteraceae. Genere: Centaurea. Nomi regionali: Barburice, Batisèsule (ğâl-rosât). Forma biologica: Emicriptofita scaposa. Habitus e forma di crescita: Erbaceo perenne. Dimensioni: L’altezza varia dai 30 ai 60 cm. Fusto ipogeo: Rizoma monocefalo. Fusto epigeo: Eretto, glabro, angoloso e semplice con uno o due rami. Foglie: Pennatosette, divise in lacinie lineari larghe più di un millimetro. Color verde scabro, inizialmente tomentose e in seguito glabre. Punta apicale cartilaginea. Infiorescenza: Capolini solitari di 3-4 cm di diametro con involucro globoso, squame con appendice subrotonda, lacero pettinata triangolare nera. Fiori: Tubolosi con tubo giallo roseo. Fiorisce da giugno ad agosto. Frutti: Acheni lunghi 3-4 mm con pappo di colore bruno-purpureo. Habitat: Prati magri e greti calcarei dei torrenti prealpini. Distribuzione regionale: Presente dall’alta pianura alle Prealpi, con stazioni più sparse nella bassa, nel settore alpino e nel Carso, dove la specie è più rara. Distribuzione nazionale: Presente unicamente in Friuli-Venezia Giulia. Distribuzione altitudinale: 0-1400 m s.l.m. Curiosità: Il nome generico, di antico uso, è di etimologia incerta: potrebbe riferirsi al mitologico centauro Chirone oppure essere assonante con il greco “kéntron” (pungolo) per la forma dei boccioli; il nome specifico deriva dal greco “dichroos” (di due colori) e “ánthos” (fiore) e significa quindi “dai fiori bicolori”.

PINO NERO (Pinus nigra) Famiglia: Pinaceae. Genere: Pinus. Nomi regionali: Pin, Pin neri. Forma biologica: Fanerofite arboree. Habitus: Arboreo sempreverde. Dimensioni: Fino a 20-30 m mediamente. Fusto epigeo: Da rosso-marrone a grigia, con ampie fessure. Negli esemplari adulti la corteccia si presenta suddivisa in ampie placche grigie con la parte tra una placca e l'altra di colore nero. Foglie: Aghiformi, lunghe 8–20 cm, riunite in mazzetti di due, di colore verde scuro. Infiorescenza: I fiori, come in tutte le conifere non sono presenti, al contrario troviamo due diverse strutture riproduttive (una femminile ed una maschile) indicate come macrosporofilli (sono costituiti da piccoli coni di colore rosato, peduncolati, solitari o a piccoli gruppi) e microsporofilli (sono piccoli coni ovoidali e giallastri, sessili e riuniti in gruppi). Frutto: gli strobili, di forma ovale-conica, sono lunghi 5–15 cm e larghi 2–3 cm. Sono verdi in età giovanile e diventano giallastri dopo diciotto mesi. Contengono dei semi alati lunghi circa 6–8 mm. Habitat: Clima continentale temperato freddo, adattabile ai diversi tipi di suolo. Distribuzione regionale: Il pino nero ha il suo habitat tipico nel Canal del Ferro e nelle sue valli laterali dove in Val Resia trova la sua migliore condizione. Qui infatti si trovano le pinete di pino nero con i migliori portamenti e caratteristiche. Distribuzione nazionale: In Italia crea dei boschi più o meno puri ma è anche associato ad altri alberi come il Pino silvestre, il Pino mugo, il Pino marittimo, l'Abete rosso e bianco. Distribuzione altitudinale (s.l.m.): dalla pianura a 2000 m di quota, ma di solito predilige un'altezza di 200–1500 m. Curiosità: Questa pianta è stata utilizzata come essenza forestale di primaria importanza, di cui sono stati effettuati numerosi ed estesi rimboschimenti in tutta la penisola.

AUTORI

ISIS PASCHINI LINUSSIO di Tolmezzo

PCTO 2019/2020

Con la collaborazione di:CAI sezione di TolmezzoParco delle Prealpi Giulie

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